Auschwitz: memoria senza fine
8 9 2017
Auschwitz: memoria senza fine

Cosa significa Auschwitz oggi

«Non c’è una fine. Non può essercene una. Sarebbe una soluzione troppo semplice. Inoltre non saprei dove una fine potrebbe essere collocata. All’uscita dell’ultima baracca? Lasciando Birkenau? Sul bus che se ne va da Auschwitz? O a casa, molti giorni dopo, quando la quotidianità inizia a oscurare le immagini del passato? O quando riponi questo libro nello scaffale. Non c’è una fine.»

Prima di Piotr M. A. Cywiński, storico e direttore del Museo statale di Auschwitz-Birkenau dal 2006, nessuno aveva mai affrontato concretamente il problema della memoria in relazione al tempo che passa. Che cosa cercano e cosa possono trovare oggi quei tanti visitatori, in gran parte giovani che non hanno vissuto sulla propria pelle l’orrore dei campi di concentramento, in un sito che accoglie circa un migliaio di ingressi all’ora?

Oltre a cataste di scarpe, mucchi di occhiali, pezzi di recinzione, valigie, capelli che col tempo stanno perdendo colore e consistenza, il campo di Auschwitz-Birkenau è esperienza autentica della narrazione delle vittime e dei loro carnefici. Il museo mostra quali furono le folli azioni della Shoah, come si riuscì a sopravvivere e come si morì, ma sta tentando di sviluppare e approfondire la conoscenza del mondo che circondava il campo, le aziende tutt’attorno, l’ospedale interno, l’organizzazione interna delle SS. Il lavoro di Cywiński consiste nel preservare la realtà di questo luogo e l’autenticità delle testimonianze dei superstiti, cosa che lo ha portato a scegliere come copertina di Non c’è una fine il volto di un bambino ungherese di nove anni, fotografato circa mezz’ora prima della sua morte. Auschwitz deve indurre a guardare negli occhi le vittime di queste atrocità compiute da quelli che Primo Levi definiva “uomini come me”: è nell’avere coraggio di guardare questi occhi che la memoria può diventare, per i ragazzi di oggi, comprensione e quest’ultima indurre al cambiamento. Come ha messo in luce Frediano Sessi, lo storico Cywiński si focalizza sul silenzio degli spettatori di questi eventi: coloro che, pur sapendo, non hanno fatto nulla. In un certo senso, la storia si ripete, perché siamo anche noi testimoni silenziosi dei genocidi che affliggono tuttora il mondo.

La memoria è sterile se è riferita solo al passato, mentre può aiutarci a capire il presente e ci offre una pista per comprendere il domani.

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