La via del pane
3 2 2017
La via del pane

Predrag Matvejevic ed Enzo Bianchi a Festivaletteratura 2008

In diverse annate del Festival abbiamo avuto l'onore di poter ospitare a Mantova il grande Predrag Matvejevic (1932-2017). La vastità della sua opera e la sua profonda umanità, testimoniate in ognuna di queste occasioni, rendono davvero difficile prediligere qualcuno dei suoi interventi perché, in ciascuno di essi, Matvejevic sapeva sempre suggerire qualcosa che si sedimentava nell'uditorio senza più abbandonarlo, sia che fosse la citazione di uno scritto di Hölderlin o Mandel'štam, sia che fosse una riflessione a tutto campo su una letteratura dispersa come quella dell'ex-Jugoslavia, di cui fu uno degli autori più significativi.

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È bastata, nondimeno, una breve scorsa ai materiali del nostro archivio per tornare, con affetto, al dialogo che nel 2008 lo vide impegnato accanto a Enzo Bianchi in un racconto sul pane, simbolo sacro e profano di un'intera civiltà e via privilegiata tra le tante che hanno solcato e continuano a solcare il bacino del Mediterraneo. «La storia della fede e quella del pane hanno spesso strade parallele, o contigue, o simili – esordì Enzo Bianchi in occasione dell'incontro – ed effettivamente credo che non si possa, almeno nel nostro Occidente, sostare a parlare del pane senza intersecare la fede, perché tutta la nostra civiltà, la nostra cultura, ha percepito nel pane una sintesi possibile. Il pane è diventato soprattutto una creatura simbolica: basterebbe pensare quante volte senza accorgerci noi facciamo delle metafore con la parola del pane (...). Più volte ricorriamo a questo alimento che, mi permetto di dire, non disgiungibile dal vino, rappresenta alla fin fine molto più del cibo in Occidente. Nel pane ci sono natura e cultura: le due cose, immanenti l'una all'altra, sono difficilmente distinguibili».

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«La prima frase che prenderei per parlare di pane – proseguì Matvejevic – è che il pane è nato nella cenere, sulla pietra. È più antico della scrittura e i primi nomi di questo pane furono incisi su tavolette d'argilla in lingue ormai estinte. Il suo passato si è conservato nelle rovine di città e di villaggi. È una storia divisa fra i popoli e le regioni. Il racconto del pane si basa sul passato e sulla storia inciampando nell'uno e nell'altra e ambedue rivelano la sua origine e il suo destino. Che cos'è il pane? È sostanza e concetto, prodotto della natura e della cultura, presente nella realtà e anche nel mito prima che nella religione. Ha assunto significati sacri e profani. Il popolo ha giurato sul pane, le religioni lo hanno benedetto. È diventato simbolo della vita terrena e di quella eterna. L'abbondanza del pane conferma il benessere, la sua penuria rivela la miseria. Nei millenni è stato condizione di pace e causa di guerre e di rivolte, pegno di speranza e motivo di disperazione. Alcuni si sono guadagnati il pane con sofferenza e con sudore, come è scritto nella Bibbia, altri lo hanno sperperato per capriccio e con protervia. I governanti hanno cercato di non farlo mancare ai loro sudditi per poter mantenere il potere, e i governanti spesso sono stati abbattuti da sudditi affamati, senza pane. (..) Cos'era la prima idea del pane? Forse il mattone. Il mattone servì da esempio a chi fece cuocere la prima focaccia, e così argilla e pasta, la terra e il grano, vennero a trovarsi sul fuoco, una accanto all'altro. (...) Possiamo immaginare l'incontro degli uomini di una volta, nell'epoca pre-mitologica, quando videro la spiga, la spiga che sarà simbolo della divinità, delle vecchie divinità mesopotamiche e greche prima del cristianesimo: colui che ha visto la spiga ha visto l'ordine dei chicchi, ha visto la simmetria dei chicchi, e ha visto, forse, l'uguaglianza».

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