Mantova Lectures
9 9 2016
Mantova Lectures

Il percorso della mente di Alessandro Baricco

«In ognuno di questi passaggi noi vediamo gli esseri umani fare lo stesso movimento, in questo caso verso la verità delle cose. Abbiamo capito che se rinunciamo a una parte della verità ci avviciniamo ad un'approssimazione che può funzionare come verità» Alessandro Baricco

La prima delle tre Lectures di Alessandro Baricco propone un cammino tra le arti: dal disegno tecnico di Harry Beck alla Vita Nova di Dante, con suggestioni filosofiche e letterarie. Sulle note di Beethoven Alessandro Baricco guida il pubblico in un viaggio, alla ricerca della verità delle cose.

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Londra, 1863: è inaugurata la prima tratta della metropolitana di Londra. La mappa riporta giardini, fiumi e cimiteri allo stesso livello delle linee ferroviarie. Difficili da raggiungere le stazioni periferiche, troppo distanti da quelle centrali.

Londra, 1933: Harry Beck, disegnatore tecnico del London Underground Signals Office, inaugura una nuova mappa della metropolitana di Londra, più chiara e leggibile. Beck sceglie l’essenziale, capisce che le traiettorie dei treni e le proporzioni geografiche sono poco importanti. Ridisegna quindi l’Underground con linee dritte o curvate a 45 e 90 gradi, ogni stazione equidistante dall’altra. Con un modello usabile e semplice, Beck riordina il caos dei londinesi.

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Firenze, XIII secolo. Dante Alighieri scrive il sonetto di endecasillabi Ne li occhi porta la mia donna Amore: esempio raffinatissimo del Dolce Stil Novo e componimento in cui Dante scandisce la confusione di sentimenti e turbamenti dell’animo innamorato.

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Gli autori esaminati, pur con mezzi differenti, perseguono dunque un obiettivo comune: la semplificazione di Beck e il labor limae di Dante cercano di dare ordine a ciò che è vario, multiforme. Cercano la verità delle cose, ma conoscere il mondo con esattezza non è nelle facoltà conoscitive umane, come sostiene Kant all'interno della Critica della Ragion Pura.

Il filosofo semplifica la realtà in un aut-aut tra ciò che è conoscibile e ciò che non lo è, tra fenomeno e noumeno. Indubbiamente vero è quello che vediamo, ma non possiamo conoscere ciò che non possiamo vedere: c'è sempre un limite, un ostacolo, una siepe leopardiana che fa naufragare il senso d’infinito dell’uomo. Là dove la ragione non può più indagare, arriva la musica.

Si abbassano le luci. Suona un’armonica. Baricco legge. Legge l’infinito di Leopardi.

Applausi.


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Il gioco di luci soffuse e l’atmosfera calda fanno pensare alle pagine dei libri di storia, ai pomeriggi passati a studiare Alessandro Magno e suo padre, le loro imprese, qualcosa che quando si è giovani non si ha mai voglia di fare. Perché? Perché nessuno le ha mai spiegate mischiando storia, letteratura e attualità, tutte perfettamente combacianti come i pezzi di un puzzle. Per di più in un teatro. 22 anni, giovane guerriero fin troppo avanti per la sua età, partì un giorno dalla Macedonia e decise di conquistare l’impero Persiano, come vendetta per ciò che quest’ultimo aveva compiuto nei confronti dei Greci. Alessandro aveva una specie di cordone ombelicale che lo ricongiungeva alla Grecia, si sentiva vicino ai suoi eroi così tanto da considerarsi discendente diretto di Achille. Uomo modesto, insomma. Arrivati a questo punto del racconto, il 90 per cento delle persone sedute in sala si saranno chieste: «Ma il nesso dove sta?»

Il collante è la storia, ciò che ognuno di noi costruisce ogni giorno e che ci rende così unici e voce del mondo: Alessandro necessitava di una storia dietro di sé per poter arrivare a creare la sua figura quasi mitologica, perché lui doveva essere IL più grande, IL più imponente, e non uno qualunque. “Storia” però, non è il termine corretto. "Narrazione" è meglio. Ma "Storytelling" è davvero quello giusto. Parola americana di grande successo, purtroppo spesso usata impropriamente, si addice perfettamente alla storia del popolo macedone. Ma in che cosa consiste concretamente? Non è solo il racconto di una storia, è molto di più. E’ la «conversione di un fatto che non esiste in una storia», è partire dal nulla e arrivare al tutto, poiché un fatto da solo non costituisce il reale, perciò non esiste.

Gli esempi che Baricco ha illustrato sono tanti: dal mercante, “padre della narrazione”, che si basa sui fatti e li vende creando storytelling per incentivare all’acquisto, alle monete, che senza essere coniate sono solo metallo grezzo, sino ad esempi contemporanei, come Obama. Ma non ci si può improvvisare storytellers: alcuni non lo sono affatto e mai lo saranno, come Draghi, che racconta il logico, i numeri, e non lascia spazio alla fantasia.

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C’è chi dice anche che il primo tratto di storytelling sia la geografia: cartine e mappe sono le prime a parlare, e quelle di Alessandro Magno lo fanno di certo! Il suo viaggio di conquista su una cartina moderna non è altro che un tracciato in mezzo alle terre, ma per lui fu arrivare al bordo dell’immaginabile, alla fine del mondo. Un mondo molto più piccolo di quello che in realtà era, ma dove aveva già capito che cosa serviva per renderlo speciale.


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Un passo del vangelo di Marco, la Deposizione dalla Croce di Rogier van der Weyden, una composizione di Brahms, la decima delle elegie duinesi di Rainer Maria Rilke, Jessye Norman e Mozart. Questo è il percorso seguito da Alessandro Baricco nell’ultima delle tre Mantova Lectures. Il filo conduttore che li unisce è un movimento, la deposizione. La tensione dei corpi verso il basso, una discesa incontrollata.

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Dalla deposizione di Cristo scritta dall’ evangelista Marco a quella dipinta da Rogier van der Weyden, la deposizione rappresenta il flusso dei cambiamenti che avvengono subito dopo la crocifissione di Gesù, poco prima della sepoltura. Si raffigura un momento di drammaticità estrema che trasmette un senso di precarietà, di debolezza. «Una deposizione è il fermo immagine di qualcosa che è altrove» racconta Baricco. Simbolicamente riguarda ogni momento di sofferenza dell’uomo. Tutte le volte in cui viene deposta la serenità e con la mente si è altrove.

La deposizione non è soltanto dolore, ma anche luce. Trasmette «Un senso di luce che ha a che fare con la felicità». Brilla per la vividezza delle emozioni provate in quell’istante. La “deposizione” è istantanea come la felicità, intangibile come una musica. Per esprimerla Baricco sceglie Brahms e Mozart, Rilke e Norman.

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Il passaggio musicale da note alte a note di ottave minori, la variazione di toni e registri linguistici riprendono con la stessa vividezza di van der Weyden il momento della discesa verso il basso, l’attimo prima della caduta.

Cos’è dunque una deposizione? Forse un tentativo spasmodico di rimanere in piedi, di catturare la felicità. Forse una sospensione temporale in cui i gesti si armonizzano alla ricerca dell’equilibrio. Un istante dopo è già diverso.

Si tocca terra e «Della felicità solo un'eco resta».

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