Omaggio a Shakespeare
11 9 2016
Omaggio a Shakespeare

Howard Jacobson riscrive Il Mercante di Venezia

Quella di Howard Jacobson è una riscrittura ambientata nella contemporaneità dell’Inghilterra di oggi, dove Shylock è un padre di famiglia single e fragile.

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Fra le celebrazioni per i 400 anni dalla morte del Bardo, l’autore britannico, già vincitore del Man Booker Prize, ha affrontato l’ardua sfida di riscrivere Il Mercante di Venezia: il risultato è un ritratto impeccabile, divertente e insieme crudele, del mondo in cui viviamo, dove la figura scomoda e disturbante dell’usuraio ebreo Shylock rappresenta l’elemento di congiunzione con il testo originario. Come per il protagonista della ballata The Rime of the Ancient Mariner di Samuel Coleridge, per Shylock la dimensione del tempo è quella di un eterno presente, la condanna di un racconto che si ripete, metafora della storia e del destino del popolo ebraico.

Con una spiccata vena ironica, il romanzo di Jacobson si inserisce nel solco della migliore tradizione pirandelliana, con personaggi e dialoghi tipicamente teatrali, alla ricerca delle ragioni che si nascondono sotto la superficie degli eventi. Ancora di salvezza dalle tentazioni dell’ideologia, l’ironia è del resto, per riprendere la definizione di Romain Gary: «Una dichiarazione di dignità, un’affermazione della superiorità dell’uomo su ciò che gli capita».

E se la critica letteraria ancora discute sulla veridicità della «libbra esatta della vostra bella carne» che Shylock pretende da Antonio per riscuotere il debito contratto a nome di un amico, Jacobson sottolinea come l’ironia del personaggio risieda proprio in questo: nel suo collocarsi a metà strada tra realtà e finzione, minaccia e farsa.

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Ciò che differenzia la versione di Jacobson da altre moderne interpretazioni drammaturgiche o cinematografiche - molti ricorderanno la versione di Al Pacino - è poi il dialogo incessante di Shylock con sé stesso e su sé stesso. Un soliloquio non presente nell’opera shakespeariana che costringe il lettore a fermarsi, di tanto in tanto, per ricostruire il filo del racconto.

Un’azione, quella di interrompere di tanto in tanto la lettura, che secondo Jacobson caratterizza del resto i “buoni libri”, capaci di ingaggiare il lettore in una lettura critica, fatta anche di pause e sospensioni.

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