Raimondo Lullo nel Medioevo mediterraneo
8 9 2016
Raimondo Lullo nel Medioevo mediterraneo

Una lezione di dialettica, poesia e civiltà

Quel che sorprende inizialmente del filosofo Raimondo Lullo è la sua poliedricità, che lo rende affascinante ma anche difficile da focalizzare, soprattutto in un tempo come il nostro, in cui il sapere è diventato prettamente specialistico e chiuso in compartimenti stagni. Lullo invece assomiglia quasi ad una matrioska, ad un insieme che racchiude altri insiemi; non c’è ambito del sapere che non abbia toccato: poeta e letterato (definito addirittura il padre del catalano letterario), filosofo e teologo, logico finissimo, ma anche mistico illuminato e missionario evangelizzatore in tutto il Mediterraneo. Proprio quest’ultimo aspetto può essere assunto a filo conduttore di tutta la sua vita e punto d’incontro di tutti i suoi saperi.

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Sara Muzzi, curatrice de Il libro del gentile e dei tre savi, ha introdotto questa figura sfuggente per la sua molteplicità, e il professor Franco Cardini, storico delle crociate, l’ha contestualizzata all’interno del suo tempo, in un Mediterraneo medievale ricco, vitale e brulicante di scambi commerciali e culturali e scevro da quei grandi scontri culturali e religiosi che certa cattiva storiografia, o semplicemente l’opinione comune, vi hanno spesso situato; un Mediterraneo cui Lullo si è idealmente adattato perché aveva ben compreso che il messaggio evangelico e il sapere in generale devono tener conto, per arrivare a più persone possibile, delle differenze culturali e linguistiche che intercorrono tra diverse etnie e tra diversi popoli. La conversione degli infedeli si trasforma quasi in un’arte dello scambio fatto con metodo, senza violenza, se non linguistica, retorica e dialettica. Il filosofo catalano è stato insomma il promotore di una crociata grammaticale, per una conversione attraverso la parola, la grammatica e l’intelligenza. Lullo era cittadino del Mediterraneo in un tempo in cui le tre grandi religioni monoteiste sapevano rispettarsi, riflettersi, mescolarsi e comprendersi, in un universo di scambi e consapevolezza di un’identità condivisa, di incontri e non di scontri. Tutto questo si può riassumere citando la filosofia sufi, amata da Lullo, e in particolare il detto: "Io non credo nel Dio di Abramo, io credo nell'uno".

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L'incontro coi tre studiosi, dopo l'interessante introduzione, si è focalizzato sul poema di Lullo Il libro dell'amico e dell'amato, recentemente ritradotto dalla poetessa e giornalista Federica D'Amato, che ne ha letto e commentato alcuni versi. Si tratta di un poema mistico "alla maniera dei Sufi", una dichiarazione d'amore di 365 versi dell'amico (l'eremita, il mistico, l'asceta) a Dio (l'amato). Le matrici del poema e le sue ispirazioni sono varie ed eterogenee, interculturali e antietnocentriche, e comprendono la mistica francescana, la mistica sufi ("un poema vertiginoso come una danza sufi"), la lirica trobadorica e il Cantico dei cantici.

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Che cosa resta oggi della lezione di cultura, tolleranza e di civiltà di cui Lullo si è fatto portatore? Probabilmente ben poco, all'interno di un'Europa mediterranea e di un mondo sempre più parcellizzati, chiusi e sospettosi, in cui l'etnocentrismo è all'ordine del giorno e quella che gli antichi chiamavano logica dialettica non viene più utilizzata per risolvere dispute e ragionare come si deve.

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