Viaggio in Mongolia col commissario Yeruldegger
10 9 2017
Viaggio in Mongolia col commissario Yeruldegger

Ian Manook e le indagini nella steppa sconfinata

Autore di gialli acclamati dallo sfondo esotico e di vademecum sul valore del tempo, Ian Manook, al secolo Patrick Manoukian, ha incontrato Luigi Caracciolo nella Chiesa di Santa Paola per spiegare le tematiche e i significati dei suoi thriller ambientati in Mongolia.

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Il commissario Yeruldegger si confronta di volta in volta con omicidi efferati, ma ha alle spalle un dramma terribile, ovvero la morte della figlia Kushi avvenuta qualche anno prima. Inoltre, si ritrova spaesato in un paese dilaniato dai contrasti, in cui il capitalismo sembra voler annichilire la cultura mongola. Arrabbiato e stanco di esserlo, cercherà la sua armonia personale in una evoluzione di moti dell’animo molto evidenti all’interno della trilogia. «Inizialmente non volevo scrivere il terzo titolo, presto in uscita in Francia, ma non potevo abbandonare Yeruldegger, sentivo di dovergli qualcosa, di volergli permettere di raggiungere la pace» ha spiegato l’autore. «Nel terzo libro il commissario trova l’equilibrio tra modernità e tradizione.»

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Perché come ha notato Caracciolo, i contrasti in questi romanzi sono numerosi: Oriente e Occidente, città e steppa, fragilità e robustezza. Della Mongolia viene infatti descritta la contrapposizione tra cultura millenaria sciamanica ed eredità urbana sovietica, oltre al continuo progresso tecnologico ed edilizio in cui la capitale Ulan Bator è ormai immersa. «Il commissario è un personaggio granitico, forte e ne ho descritto solo la schiena possente e le mani» ha proseguito Manook. Esattamente come il Paese in cui vive, il commissario sembra impossibile da scalfire, ma è in realtà fragile e tormentato. «Yeruldegger e Mongolia sono interscambiabili».

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Armeno di origine, lo scrittore francese ha raccontato anche che l’ambientazione in terra mongola non è una delocalizzazione del tormentato peregrinare armeno, ma i due popoli sono uniti da un elemento: il nomadismo, che non è un semplice viaggiare, ma uno stile di vita, forzato o meno, che comporta un preciso rapporto col territorio e una predisposizione mentale speciale. «Si tratta di una tecnica di sopravvivenza in un ambiente ostile, con le sue regole e i suoi divieti.» Sapere di dover permettere ad altri di vivere nella steppa spinge a prendersene cura ed è la differenza tra terra di nessuno e terra di tutti. La scelta di Manook di ambientare la storia del commissario in Mongolia è stata vincente per un ultimo, fondamentale motivo. «La cultura sciamanica è fondamentale nel giallo: c’è un diverso modo di affrontare violenza, morte e perdono.» ha rivelato l’autore. Yeruldegger inoltre si è formato in un monastero Shaolin. «Noi siamo fuorviati dalla visione occidentale del monachesimo, ma i monaci buddhisti sono sempre stati guerrieri.»

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