Castità
Maurizio Maggiani
s., dall'italiano
Festivaletteratura

Tengo in grande considerazione la parola castità e la sua aggettivazione in casto e casta.

È una parola che mi è tornata in mente, dissepolta dal sottosuolo delle smemoratezze, quando ho cominciato a sentirla pronunciare con insolenza dottrinaria e veemenza canonica da voci che già nel loro suono scandivano l’intenzione di una disumana perversione del suo senso e della sua ragione, persino del suo etimo. Così sono tornato a considerare cosa intendesse quell’uomo quando disse: siate casti come colombe. E ho preso ad affezionarmi a quella parola, e vorrei farne voce corrente tra gli uomini; vorrei che fosse affrancata dall’insensatezza a cui è stata ridotta, ripulita dalla corruzione in cui è stata vituperata. Vorrei poterla dire io per me e per chi amo e rispetto e riconosco tra gli umani.

Per quello che ne so io, castità è il sincero aderire al libero dispiegarsi della vita. L’incorrotta comprensione e la feconda appartenenza a tutti i suoi moti e a suoi colori, che la fanno franca e candida. La castità è sobrietà dello sguardo e dignità del fare, è dirittura nell’essere. La castità è assenza di malizia, è pratica verità. L’uomo casto è trasparente e la lealtà è la sua innocenza, la pudicizia, il suo incorrotto agire. E l’abiezione, la menzogna, lo scandalo, è ciò da cui egli pratica rigorosa astinenza.



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