Consumism
Mihai Mircea Butcovan
s., dal romeno
Festivaletteratura consumismo

Consumism: un modus vivendi che si è radicato nella società postcomunista romena prima ancora di entrare nel dizionario. Vent’anni fa in Romania veniva rovesciato il regime di Ceaușescu. Dal comunismo al consumismo. Il comportamento volto al soddisfacimento indiscriminato di bisogni non essenziali, tipico della civiltà dei consumi, si è impossessato di un paese liberato dalla dittatura e da varie penurie. Dopo decenni di regime dispotico e di sciagurata applicazione dei principi comunistici è iniziato un recupero accelerato del tempo perduto in materia di consumi. Mentre la povertà di alcune fasce della popolazione si acutizzava fino all’indigenza, lo sguardo verso la libertà dell’Occidente coglieva anzitutto il consumismo opulento, indotto, il relativismo valoriale, il delirio d’acquisto, l’esibizione delle cose come trofei e status symbol. I linguisti romeni dibattono sull’ingresso nel dizionario della parola consumism, in concorrenza a consumerism e consumatorism. Giornalisti, sociologi, economisti, politici – e persino gli odierni monaci della mistica bizantina nelle dispute sulla salvezza dell’anima – usano consumism nella definizione dell’atteggiamento di eccessiva preoccupazione per l’acquisto di beni e per l’avere a scapito dell’essere.
La riflessione su comunismo e consumismo mi ha accompagnato nel percorso migratorio, come “osservatore romeno” e mi ha visto sospeso sull’altalena tra i due estremi esperiti. Romania ex-comunista e consumista, che forse un giorno tornerà all’essenziale. Quello ormai invisibile anche agli occhi europei allenati ad una democrazia più matura.
Cantava Rino Gaetano: «E vivremo nel terrore che ci rubino l’argenteria». Anche in Romania, oggi, questa ossessione è diventata realtà.



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