Lontananza
Antonio Prete
s., dall'italiano
Festivaletteratura

Lontananza: una linea d’orizzonte, una nuvola, il profilo di un monte. Quel che la presenza esclude e l’immaginazione raffigura. Parola prossima, non solo per forma lessicale, a ricordanza, cioè a quel movimento che porta un’immagine dall’oblio verso la rappresentazione. La lontananza è il tempo e lo spazio del lontano. Il tempo che più non ci appartiene e che può tornare a vivere nel pensiero, nel racconto. Lo spazio che non è percorribile, e neppure visibile, e che possiamo tuttavia attraversare, e scrutare, con la fantasia.

Per l’assillo e la fascinazione della lontananza, un giorno si parte. Ma il paese che cerchiamo è sempre più in là, oltre il nostro cammino. Come l’orizzonte.

L’azzurro è il colore della lontananza: Leonardo nel Trattato della pittura ne ha descritto gradazioni, opacità, trasparenze.

Non abolire la lontananza è il compito della letteratura e delle arti. Soprattutto oggi che la tecnica dominante è la tecnica del lontano: infatti l’antico avverbio greco τῆλε va a comporre le voci televisione, telefono, telematica. In virtù di questa tecnica tutto appare prossimo, udibile, visibile. La lontananza è nelle nostre case, sul monitor di un computer, sul display di un cellulare. L’altrove adattato alla passività e immediatezza del consumo. Ma la letteratura e le arti permettono, ancora, di tenere aperto lo spazio della lontananza: il lettore, con il suo tempo interiore, collabora a questa apertura. Abitare la lontananza aiuta a stare nel presente, respirando l’aria pulita dell’impossibile. E dell’invisibile.

Lemmi analogici della voce lontananza. Nostalgia: il dolore della lontananza nell’’impossibilità del ritorno. Migrazione: il sapere aspro della lontananza. Ospitalità: il tu che fiorisce nella tenda di chi ha accolto la lontananza.



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