A ognuno la sua mappa
31 8 2017
A ognuno la sua mappa

Intervista a Luigi Farrauto, curatore del progetto "Atlante"

La nostra visione del mondo ci è data dalle mappe. Se ci viene detto “Italia”, o “Cina” o “Stati Uniti”, la nostra mente va direttamente lì: a una mappa che abbiamo in testa, perché era appesa nell’aula di scuola, perché l’abbiamo sfogliata su un atlante (il solo libro capace di contenere il mondo intero, se ci pensate) o vista, e girata, su Google Maps o sui navigatori delle nostre auto. Le mappe, oggetti antichi che hanno segnato la storia dell’uomo, e in parte anche della letteratura, ora sono sempre con noi, dentro gli smartphone che ognuno ha in tasca o nello zaino, tanto da non percepirle nemmeno più come il bene prezioso che erano un tempo, ma semplicemente una “comodità” gratuitamente alla portata di tutti, tanto da non provare quasi più la paura di essersi persi: se non in aperta natura, ormai è praticamente impossibile succeda.

Ma le mappe possono anche ingannare, se una cartina descrive una zona in un certo modo ormai diamo per scontato che sia così, e se una cartina contiene un errore è facile che questo venga tramandato da mappa in mappa, e non venga corretto fino a quando qualcuno non ci mette i piedi sopra per scoprire che le cose stanno in un modo diverso. Certo, oggi è più raro, ma nei secoli passati ci fu il caso emblematico della California, rappresentata per anni coma una vera e propria isola alla deriva, tanto che qualcuno, in nave, provò addirittura a circumnavigarla… (questa storia è contenuta e documentata nel libro di Simon Garfileld, Sulle mappe. Il mondo come lo disegniamo, se qualcuno volesse approfondire il tema).

Il progetto Atlante, che esordisce quest’anno a Festivaletteratura, propone, anche partendo da queste basi, un vero e proprio esercizio cartografico collettivo, in cui un gruppo di partecipanti si porrà l’obiettivo, guidati da Luigi Farrauto e Andrea Novali, map designer e fondatori del 100km studio, di percorrere a piedi, in quattro giorni, la strada che separa Brescia da Mantova, per arrivare alla città del Festival nel giorno di inaugurazione della kermesse e creare una vera e propria cartina del percorso, che in parte potrà ricalcare mappe già esistenti e in parte, probabilmente, sarà diversa, anche perché a piedi si possono seguire i confini dei campi anche in assenza di strade, camminare su sentieri e carraie non aperte a mezzi motorizzati, e scoprire quello che la cartografia “istituzionale” spesso non dice.

Per conoscere meglio cosa aspetta i partecipanti del progetto Atlante abbiamo deciso di fare qualche domanda a una delle due guide, Luigi Farrauto (se amate mappe e viaggi vi consigliamo di seguirlo anche su twitter @centochilometri)

Luigi, partiamo da una domanda basilare: cosa si dovranno aspettare i partecipanti al progetto Atlante? Che strumenti fornirete loro e quale sarà il loro ruolo?

In primis i partecipanti di Atlante si dovranno aspettare quattro giorni di cammino, in un territorio affascinante e ricco di spunti. Avranno un taccuino con una serie di carte mute e diagrammi dei vari pezzi di percorso, e dovranno segnare impressioni, appunti, notizie catturate durante il cammino. Il loro ruolo sarà del tutto attivo, e per nulla tecnico: completamente analogico, scrivendo a mano, stampando le foto e così via.

Parlando di Festivaletteratura, non si può parlare di mappe senza parlare di storie e libri. Se pensiamo che uno dei classici per eccellenza nasce proprio da una mappa, mi riferisco a L’isola del tesoro di Stevenson: tutta l’avventura narrata parte proprio da un suo disegno iniziale, dalla “X” appuntata su un’isola che indica dove scavare per trovare lo scrigno da cui Stevenson inizia a dar vita ai suoi personaggi. Nel preparare il progetto Atlante avete già individuato delle “X” dove passare, anche grazie ai suggerimenti ricevuti dal sito del Festivaletteratura, o lascerete che a guidarvi siano più le intuizioni del momento pur seguendo la traccia di percorso che vi siete dati?

Penso avremo chiari, per ogni tappa, solo il punto iniziale e quello finale. Ma nei venti-trenta chilometri che li dividono seguiremo sia i suggerimenti che le intuizioni.

Quale risultato finale ci si dovrà aspettare da Atlante. Una nuova mappa unica di questo percorso o diverse mappe, una per ogni partecipante? E in che forma? Una mappa disegnata a mano o con l’uso di computer e gps?

Ogni partecipante avrà composto il suo Atlante, che è suddiviso in varie tavole tematiche. Alla fine dell'esperienza le varie tavole comporranno una grande guida al territorio. Tutto disegnato a mano sul taccuino, abbiamo anche delle Polaroid per stampare immagini da allegare. Per quanto riguarda le parti testuali, ogni partecipante segnalerà gli elementi del territorio che ritiene più meritevoli, che consiglierebbe a un futuro viaggiatore. Annoterà spunti, curiosità, consigli, in base alla propria sensibilità.

Siamo ormai abituati a mappe realizzate con prospettive e foto prese dall’alto, da aerei prima e satelliti dopo, mentre quella del progetto Atlante ci porta indietro nei secoli, quando le cartine venivano realizzate solo percorrendo realmente un territorio, con tempi ovviamente molto più lunghi. In che modo questa visione influenzerà il vostro esperimento cartografico?

Parecchio, dato che è proprio uno degli spunti teorici dietro Atlante: nel passato erano gli esploratori a disegnare le carte geografiche: le mappe erano l’obiettivo dei loro viaggi. Attraversavano oceani e foreste per tracciare rotte sconosciute, correggere errori, fornire dettagli e informazioni utili a pellegrini e commercianti. La cartografia era un lavoro corale, la conoscenza che si aveva del mondo era la somma delle esperienze di generazioni intere di esploratori. Oggi, nell’era di Google Maps, il mondo pare non avere più segreti. La cartografia è questione di dati e satelliti, e lo spazio fisico è a portata di click, persino le località più remote. Ci sarebbe da chiedersi, ha ancora senso provare a mappare il territorio in base a un’esperienza puramente soggettiva e imprecisa, fatta di chilometri a piedi e un taccuino? Ma nelle mappe non si cercano risposte. Si trovano nuove domande, forse.

Parlando di mappe più in generale, vista la tua esperienza, anche una domanda personale: qual è la mappa più bella che ti è capitato di vedere durante i tuoi viaggi o grazie al tuo lavoro? E la mappa che sogni di ricreare?

Secondo me la mappa più bella della storia è quella della metropolitana di Londra fatta da Harry Beck. La prima edizione, del '32. Non sogno di ricreare una mappa in particolare, dato che le vorrei fare tutte...!

E la città più difficile da visitare anche dotati di una mappa? Da italiani scommetteremmo su Venezia…

Non dipende tanto dalla città, ma dal senso dell'orientamento del visitatore. Se è basso, una città come Venezia può diventare un incubo. Ma ora per fortuna c'è un gps in ogni smartphone, anche senza connessione si può sapere dove si è. Io ora mi perdo molto meno.

Ci siamo quasi, il ritrovo per i partecipanti del progetto Atlante è domenica mattina in Piazza della Loggia, a Brescia. Da lì, costruendo ognuno la propria mappa, arriveranno tutti insieme fino a Mantova.

Festivaletteratura