Alla radice
11 9 2021
Alla radice

Donatella Di Pietrantonio e Ilaria Tuti dialogano sul legame tra le radici e l'immaginazione letteraria

La natura usa un linguaggio atavico, i suoi stimoli si insinuano tra di noi e ci forgiano per ciò che siamo. La geografia è fortemente determinante nella vita delle persone: l’orografia definisce quello che poi siamo, nascere in un territorio montano determina caratteristiche di vita, possibilità di affacciarsi o meno al mondo.

I paesaggi impervi e aspri, gli irti pendii scoscesi di montagna dove il vento taglia il viso e le rocce che si inerpicano verso l’alto è ciò che accomuna Donatella Di Pietrantonio e Ilaria Tuti, che dialogano a Festivaletteratura stimolate da Marilia Piccone. Le rocce scabrose dell’Abruzzo e la Carnia non fanno solo da ambientazione nella produzione letteraria delle due scrittrici, ma finiscono ineluttabilmente per rispecchiare anche le caratteristiche dei personaggi dei loro libri. Donatella Di Pietrantonio, autrice del romanzo Borgo sud, finalista al Premio Strega, racconta di essere nata e cresciuta in un aspro paesaggio montano abruzzese, in una piccola contrada irraggiungibile e priva di servizi, racconta di come passando per i boschi da bambina la natura rappresentasse anche una fonte di paura, ciò è stata la prima spinta a scrivere. Le radici territoriali non sono soltanto spazi in cui cresciamo e viviamo, ma sono anche spazi antropologici, culturali ed umani, che risuonano all’interno delle persone e nelle vite ruvide delle protagoniste dei romanzi.

Per la medesima ragione Ilaria Tuti, autrice di romanzi seriali, tra cui l’ultima uscita Fiore di roccia, trae ispirazione dai luoghi dove ha trascorso l’infanzia, in una Carnia scabrosa, per ambientare il suo romanzo.

Identità sta divenendo un concetto usato quasi in chiave aggressiva, che esplorando nella prospettiva della Storia diviene però accoglienza e scambio: ci sono delle identità precise in Friuli, dal punto di vista fisico e culturale è un territorio di confini, di fratture. Si possono lasciare tali, o si può lasciare che penetri la luce: c’è qualcosa di spurio che diventa ricchezza. Così è anche nei suoi libri e nella storia di Teresa Battaglia. Per delineare i personaggi si deve bussare alle porte, ascoltare; scrivere le storie è un modo per fissarle e fare in modo che non svaniscano. Per questa ragione urgeva raccontare la pagina dimenticata delle portatrici carniche, coraggiose donne che durante i momenti di maggiori difficolta della Grande Guerra, in un’epoca in cui non vi erano neppure sentieri per poter portare gli approvvigionamenti ai battaglioni sul fronte, decisero di creare una rete di soccorso, avanzando ore in salita di giorno e di notte in un mondo lunare, di rocce, con le gerle sulle spalle. Ilaria Tuti confessa che Teresa Battaglia è tante donne vere in una, per disegnarla ci ha messo donne che ha conosciuto, amiche, colleghe, persone incrociate che l’hanno colpita, per dare voce e accendere dei riflettori su un tipo umano poco indagato e raffigurato. Teresa è stato un modo per dare un affresco della donna matura, non la giovane eroina indistruttibile, è una donna sola che ha pagato un prezzo altissimo per essere indipendente, ma è capace di cambiare, di accettare e di rimettersi in gioco.

Una simile forza vitale accomuna anche le protagoniste di Borgo Sud e L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio. Da un lato Adriana, istintiva, vive senza regole, si getta in tutte le situazioni, che aveva il dialetto come lingua madre e vive a contatto con la natura e dall’altro L’arminuta, che, come tanti abruzzesi, emigra in Francia, ma è tale il legame con l’origine e la radice dolorosa che basta poco per farla tornare.

Il senso di appartenenza ed il legame con la terra non è mai solo segnato dal paesaggio fisico, ma è famiglia, ambiente, cultura del luogo. Come un elastico, ci possiamo allontanare di luoghi natii verso un altrove, ma al minimo stimolo si rilascerà. Come se non si finisse mai di fare i conti con questo mondo primario che pulsa nelle storie di entrambe le scrittrici e che non finisce di meravigliare.
Festivaletteratura