Altri delitti d’onore
9 9 2017
Altri delitti d’onore

Storie di due donne nel 1945

Alle donne sarà dedicata la serie dei Processi, la riapertura di storici casi giudiziari attraverso documenti archivistici, inserita a programma in continuità con le iniziative di public history. Storici, archivisti e narratori rivestiranno i ruoli di procuratori e avvocati difensori in casi passati di grande clamore.


Nessun luogo più adatto della Corte di Assise del Tribunale – con tanto di cella – per ospitare, insieme a Diego De Silva e Manola Ida Venzo, le storie non solo giudiziarie di due donne d’altri tempi: Lydia Cirillo e Matilde Randazzo. Due donne accomunate prima di tutto dall’anno in cui compiono, o tentano di compiere, un omicidio: il 1945. Uguale anche il movente, quello passionale, ma ogni storia è storia a parte e merita di essere raccontata, anche per quello che raccontano sulla scivolosità del termine «giustizia».

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Un giorno di ottobre Lydia Cirillo parte per Roma per uccidere il capitano inglese Lush, che l’aveva sedotta con la promessa del matrimonio e poi abbandonata. Il suo è un omicidio volontario e premeditato che le sarebbe valsa una lunga condanna eppure la sua pena sarà irrisoria e dopo pochi anni Lydia otterrà anche la grazia. Come è stato possibile? Ammanettata, Lydia disse: «Ho ucciso per vendicare l’onore di tutte le donne italiane». Sono allora da ricercare in questa frase tutte le ragioni sociali e contingenti, e in questo del tutto extra-giuridiche, dell’eccezionalità di questo caso. La vicenda va infatti inserita in un contesto storico e politico di crescente insofferenza rispetto agli ufficiali stranieri che approfittavano delle donne italiane ed è perciò irriducibile al solo movente passionale. La frase di Lydia in realtà intendeva denunciare una violazione da parte di chi aveva insultato l’onorabilità e la dignità di tante donne e rivendicare la necessità di ripristinarlo.

La crocerossina Matilde Randazzo, invece, non uccide nessuno. Ci prova, però, con il tenente Benetti che, dopo averle sottratto il bene che custodiva più gelosamente – la verginità –, decide di sposare un’altra donna. Vero esempio di stalker di fine guerra, Matilde compie una serie di gesti offensivi e autodistruttivi che rimarranno sempre e solo dimostrativi, nella speranza disperata di riaccendere in lui l’amore per lei e nel desiderio di farsi sposare e sanare in questo modo la sua vergogna. Tra i documenti portati dalla difesa, il diario in cui la donna costruisce la sua identità di donna offesa e necessariamente vendicativa: è anche grazie a quelle pagine che per il tentato (e mai voluto) omicidio verrà assolta in nome di un ancestrale codice d’onore.



Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone gli eventi 95 PROCESSO ALLE STREGHE - 149 PROCESSO A BEATRICE CENCI - 191 VITE CHE NON CHIEDEVANO AFFATTO DI RACCONTARSI - 212 PROCESSO A ISABELLA DELLA FRATTINA

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