Anche Dio dice no
9 9 2018
Anche Dio dice no

Alla ricerca del senso del sacro tra libertà e bellezza, con Sergio Givone e Alessandro Zaccuri

Quant’è vero Dio, titolo dell’ultimo lavoro di Sergio Givone, riprende un’espressione che veniva usata fino a pochi anni fa per indicare la certezza assoluta. In un percorso spirituale e sacrale, mediato da Alessandro Zaccuri, il filosofo cerca di rispondere a delle domande: quanto è ancora vero Dio e quanto è ancora presente nella nostra vita?

Il concetto di sacro, in realtà, è il punto di approdo della discussione. "Sacro" è la base di ogni discorso sulla religione e sulla fede. È quello che vede Dante alla fine del suo cammino nell’Empireo, e che non si può dire, ed è quello che, secondo Faust, non si deve dire.

Più allontaniamo Dio da noi, più Egli sembra essere presente nelle nostre vite. Molto spesso si tende a considerare l’esperienza religiosa come qualcosa che viene dall’esterno dell’uomo. In realtà, dentro ognuno di noi c’è una tensione profonda da cui non riusciremo mai completamente a liberarci. Il sacro va ricercato, stanato e interrogato. Molto spesso lo riconosciamo solo quando cogliamo la desacralizzazione, cioè quando vediamo che il sacro viene usurpato. La nostra storia è stata descritta proprio come la "storia della desacralizzazione": anticamente era sacro il cadavere, la puerpera, che non potevano e non dovevano essere toccati. Oggi, non solo vengono toccati, ma addirittura manipolati. L’uomo oggi è in grado di intervenire sui geni e produrre una sorta di Superuomo fatto a propria immagine e somiglianza e fare di questa nuova creatura un progetto. A questo punto la vera domanda è se sia lecito o meno avere il diritto di creare un uomo e rifiutare così l’ultimo divieto: non manipolare l’essere umano. Qualcuno dice che il superamento di questo ostacolo segnerebbe la nascita di una nuova epoca: andiamo incontro ad un mondo nuovo, tecnologico, diverso da quello a cui siamo abituati, dunque un uomo inventato dall’uomo e superiore all’uomo stesso (cioè, più intelligente), potrebbe adattarsi al meglio. L’etica utilitaristica ha un’unica risposta: "perché no?". Perché evitare di creare qualcosa che potrebbe essere superiore a noi? In realtà il problema del sacro si riafferma ogni volta che ci poniamo di fronte al divieto. Le chiese sono vuote e il sacro non viene più percepito. Ma, nonostante questo, il sacro rimane, in quanto la sua origine sta nel divieto stesso.

Gli uomini non sono più liberi in quanto si sono privati del fardello del sacro: nel momento in cui l’idea di uomo diventa un progetto, egli diventa al tempo stesso il prodotto di una volontà eteronoma. Non dobbiamo però pensare che il progetto del Superuomo sia analogo all’idea stessa di religione: molti potrebbero infatti pensare che sia lo stesso che pensò Dio al momento della creazione. In realtà, secondo Givone, non è proprio così. Dio creò il mondo e alla fine disse che era cosa buona. Ma all’origine di quel "sì" che donò al mondo, ci fu anche un terribile "no": l’origine del male, di Satana, che abitava lui stesso il Paradiso Terrestre e ne rappresentava il lato più buio. Ma attenzione: questo non sta a significare che Dio sia il creatore del male, ma solo che, nel momento in cui è stato creato il Bene, è nato il Male. La pronuncia di quel "sì" è stata una sfida all’uomo a scegliere lui stesso. L’uomo non è prigioniero del progetto di Dio: la religione diventa problematica quando diventa fanatismo. Questo non è la religione di cui parliamo, non rappresenta il sacro nel suo aspetto più bello. Il fanatismo è la perversione della religione. I fanatici non credono in nulla, sono attaccati al concetto di religione come il no è attaccato al sì. Ne rappresentano il lato oscuro e più terribile.

La dimensione religiosa altro non è che la libertà con cui l’uomo viene chiamato a corrispondere al sì pronunciato da Dio, o al contrario, ribellarsi ad esso. La religione in questo senso rappresenta libertà. A questo punto Givone racconta un aneddoto: una lettera di un deportato in un campo di concentramento, che poi è stato dichiarato come falso. Un appello a Dio da parte di un uomo che non può intentare una causa contro lo stato. L’unica libertà che avevano era quella di accusare Dio non potendo fare nient’altro, e chiedergli il perché di tutto ciò. Un documento che, aldilà della veridicità, ci dice quanto la religione in sé sia uno spazio di libertà.

Vera alternativa al sacro è il nichilismo, che va oltre l’ateismo: questo ultimo infatti presuppone che qualcuno creda ad un Dio. Il nichilista è convinto che dopo la morte ci sia il nulla, crede solo a ciò che fede, come gli studenti di medicina di Padri e figli di Ivan Sergeevič Turgenev. Simbolo della fede è l’Annunciazione: la risposta non viene imposta, ma si chiede a Maria se se la sente di prendersi sulle spalle un fardello così grande, di sopportare la sofferenza delle sofferenze, la morte di un figlio. La fede sta proprio nell’Annunciazione, è fiducia in qualcosa che non ha fondamento ma che ci viene raccontato, nel "sentito dire": sta a noi scegliere, liberamente, se fidarci o non fidarci. Strettamente collegato al concetto di libertà sta il concetto di bellezza: questo è il concetto più misterioso che esista, molto spesso si cita la frase di Fëdor Dostoevskij «la bellezza salverà il mondo»: è questo il campo di battaglia in cui si manifesta all’improvviso il desiderio dell’assoluto, il bisogno di dire sì. La bellezza entra a far parte improvvisamente della vita, la riconosciamo nonostante non l’abbiamo mai vista prima, tantomeno dedotta. La bellezza appare e ci fa sentire il bisogno di aderire ad essa: se c'è qualcosa che ha a che fare con la libertà è proprio la bellezza. E la sfida della libertà e della bellezza, della fede o della non fede sta proprio nel pronunciare quel "sì".

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