Burocrazia e iperoggetti
13 9 2020
Burocrazia e iperoggetti

Un argomento repellente

«Può sembrare un argomento repellente parlare di burocrazia».

Domenico De Masi è stato chiaro all’inizio dell’incontro. Ma la ricerca che ha effettuato sull’apparato statale è stata di soddisfazione perché ha fatto emergere una visione più chiara dell’argomento, che purtroppo vive spesso di fake news e luoghi comuni vecchi come la burocrazia stessa. Intanto i lavoratori pubblici in Italia sono in percentuale meno rispetto a molti altri paesi europei. Il problema sta fondamentalmente nell’età dei dipendenti: in assenza di concorsi, di turn-over decente, il settore è invecchiato e ovviamente non ha potuto digitalizzarsi come doveva essere. Il settore è poi molto importante perché influisce profondamente sulla felicità e infelicità dei cittadini.

E ha influenzato generazioni di pensatori fin dall’era antica. Anche Tacito parlava di burocrati, che secondo lui «esercitano poteri regali con atteggiamento da schiavi». In Italia abbiamo mutuato l’apparato statale direttamente dallo Statuto Albertino (che è stata la carta di riferimento dal 1848 al 1948). Nel 1861 è diventato la carta di tutta l’Italia unita, anche se era stato scritto per il piccolo stato dei Savoia. Nel 1865 c’erano 3000 impiegati statali, praticamente semianalfabeti. E da allora si susseguono pensieri negativi e proteste, da De Sanctis a Giannini fino a Cassese.

Tutti a rimarcare che la burocrazia non funzionava, a volte per la presenza di indirizzi politici e a volte per completa mancanza degli stessi. Oppure per obsolescenza del personale e mancanza di formazione. Tutti professori che scrivono grandi relazioni ma poi in concreto non fanno nulla per migliorare la situazione. De Masi pensa di aver trovato il nocciolo del problema prendendo spunto dal lavoro del sociologo Morton che parla di “Iperoggetto”. Sono oggetti “nuvola” che ci sovrastano e ci fanno paura, si rivelano e minacciano per poi ritrarsi.

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La burocrazia la vediamo e la consideriamo proprio come un iperoggetto. Per essere sconfitto quindi abbiamo bisogno di un altro iperoggetto. Non servono riforme, servono oggetti post-moderni senza essenza e sostanza. La burocrazia rimane il castello di Kafka, ma è anche impalpabile. E distorce la realtà e la sua percezione. La nostra considerazione delle leggi, delle procedure, dei lavoratori. Esiste un’altra grande differenza tra il nostro sistema (ed europeo in genere) e quello anglosassone. Noi veniamo dal diritto romano, che ha avuto una tale forza che si è imposto come standard sul quale costruire tutti i sistemi fino a quelli moderni (dal Civil Law di Giustiniano fino al giorno d’oggi). Gli anglosassoni si basano invece sul Common Law e quindi tutto quello che può migliorare lo si ingloba. Da una parte la rigidità, dall’altra la flessibilità. Ma così lavorano anche le aziende private che quindi ne ereditano gli stessi pregi e gli stessi difetti.

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Il mondo amministrativo poi convive con eterne tensioni, decentramenti e accentramenti, digitalizzazioni forzate, interessi di stato, opinione pubblica, riformatori e rivoluzionari. Addirittura la lingua esiste per il bisogno burocratico. Quindi non può essere tutto negativo. L’età dell’oro a Vienna, per esempio, a fine Ottocento aveva la sua punta di diamante proprio nell’apparato burocratico. Durante il periodo più buio della pandemia, l’INPS ha dovuto gestire 11 milioni di pratiche in più del normale. Pur con qualche ritardo, è riuscita a mantenere in piedi l’Italia. Anche i medici che purtroppo hanno perso la vita per il virus facevano parte dell’apparato statale, erano medici di base. Quindi eroi anche loro, anche se presto dimenticati.

Certo, esistono lavoratori che non si ribellano, che non si aggiornano, che “preferiscono di no”. Ma sono vittime del loro stesso sistema. E lo Stato rimane necessario. Già nel 1990 per esempio all’INPS si introduce un inizio di smart-working. Così gli ultimi ministri, molto giovani, hanno dato una boccata di aria fresca e hanno continuato ad introdurre piccole rivoluzioni che tentano di svecchiare il lavoro, aumentano la quota di informatizzazione e appunto di lavoro remoto. Per De Masi grazie a questa smaterializzazione del sistema, solo grazie a questo iperoggetto nuovo e rivoluzionario, si può finalmente distruggere il tetro castello della burocrazia.

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