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8 9 2018
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Gianrico Carofiglio: il significato delle parole in politica

Con Gianrico Carofiglio a Festivaletteratura si è parlato di parole. Non delle parole come somma di lettere o caratteri, ma del loro significato. Lo spunto lo dà l’ultimo libro dell’autore barese, Con i piedi nel fango, un denso dialogo con Jacopo Rosatelli che passa al setaccio tutte le parole più comuni (e fraintese) del discorso politico. A stuzzicare le sue riflessioni il simpaticissimo Massimo Cirri, conduttore radiofonico di Caterpillar.

Il piccolo vocabolario politico di Carofiglio comincia dalla parola "approssimazione", che non va intesa con l’accezione negativa che solitamente ha, ma letta tenendo presente il concetto di "avvicinamento". Approssimarsi significa scoprire la prossimità, ovvero la vicinanza agli altri; di qui il compromesso, l’incontro con persone e punti di vista diversi. La seconda parola è "gentilezza": «In politica la gentilezza non rappresenta le buone maniere, – spiega Carofiglio: anche la gentilezza, come la prossimità, è una percezione dell’altro. Fare politica con lo strumento dell’ego impedisce l’esistenza della gentilezza».

Secondo l’ex magistrato, il buon agire nella vita pubblica sarebbe perfettamente incarnato dai quattro principi della saggezza tolteca: primo, "la tua parola sia impeccabile", cioè «chiamare le cose le cose con il loro nome»; secondo "non farne un fatto personale", ovvero «agire nell’interesse collettivo»; terzo, "non affidarti alle congetture", quindi «verificare la realtà»; e da ultimo "fai sempre del tuo meglio".

Il dialogo torna poi sulle parole della politica con la differenza tra sdegno e indignazione: mentre la prima parola denota solo rancore e invidia sociale (e per questo è facile e gratuita), l'indignazione richiede impegno, comporta una reazione a un problema sociale, non solo una lamentela ma una responsabilità. Tagliente, Carofiglio si chiede: «Com’è possibile che nessuno si indigni di fronte alle ultime scelte politiche?».

Il dizionario dei significati riscoperti si conclude con la parola "speranza" (pronunciata non senza ironie su protagonisti della politica italiana). «La speranza è come il titolo di quel libro di Erich Fromm, una cosa rivoluzionaria. È come l’ottimismo, uno strumento di lavoro, anche per non prendersi troppo sul serio». Aiuta in questo senso ricordare un vecchio proverbio indigeno che Carofiglio ricorda aver sentito proprio in Piazza Castello a Festivaletteratura dalla bocca di Stefano Rodotà: il mondo non è un’eredità dei nostri padri, ma un prestito dei nostri figli.

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