Campioni del mondo, campioni del racconto
11 9 2022
Campioni del mondo, campioni del racconto

Federico Buffa e Francesco Graziani ricordano il mondiale del 1982

Quaranta estati dopo la gloriosa vittoria del mondiale di calcio, sono ancora svariati gli elementi che lo consegnano alla memoria come un evento leggendario. Federico Buffa, esperto sportivo e maestro dello storytelling, ne parla con un giocatore che nel 1982 vestì la maglia azzurra: Francesco “Ciccio” Graziani.

Quella squadra era nelle parole del giornalista «una nazionale mai vista prima e mai vista dopo, capace di superare l’Argentina di Maradona, la Germania di Rummenigge, il Brasile di Zico». All’evento è assente per un impegno inderogabile Giancarlo Antognoni (che lascia al pubblico un messaggio video), sportivo che più di tutti vestì la maglia numero dieci. Graziani lo considerava il suo fratello minore. Oltre ad essere un centrocampista di qualità, calciava il pallone talmente forte «che si continuava a vedere la scritta Adidas per decine di metri». Nell’annata sportiva precedente al mondiale entrambi giocavano nella Fiorentina (che arrivò seconda per un punto) e Graziani ricorda con affetto le gite «per dargli la buonanotte» all’ospedale in cui il collega stette per tre mesi a causa di problemi fisici. Antognoni si riprese e fu convocato da Bearzot, ma si infortunò al collo del piede prima della semifinale con la Polonia. Lui e Graziani erano in stanza insieme. Il primo continuava a lamentarsi e a dire che non sarebbe riuscito a giocare l’indomani. Il secondo - che tentava disperatamente di addormentarsi - lo spronava a non essere pessimista (Antognoni poi giocherà i primi 28 minuti). Anche Graziani si infortunò al settimo minuto della finale contro la Germania Ovest. Il massaggiatore gli propose di fare una puntura ma era troppo rischioso, quindi Ciccio acconsentì alla sostituzione con Altobelli adducendo la motivazione «meglio un asino sano che un cavallo zoppo».

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Buffa chiede al calciatore di rievocare i quattro protagonisti scomparsi di quel mondiale: Gaetano Scirea, Cesare Maldini, Paolo Rossi ed Enzo Bearzot. Della morte del primo Graziani dice «me la sono presa anche col Signore, io che sono religioso. Ho sognato Gaetano, ho scritto una poesia per lui. Poi ho capito che se n’era andato perché nella nazionale del paradiso mancava un vero capitano». Maldini era la spalla ideale per Bearzot. Una persona solare, scherzosa, divertente. Sapeva tutto di tutti i giocatori. Rossi era gioioso. Graziani lo invitò ad ignorare i giornali che lo ritenevano fuori forma prima della partita col Brasile. Rossi segnò poi una tripletta ed andò dall’amico abbracciandolo senza dire una parola. «Eravamo una squadra vera noi 23. Tra di noi mai una polemica». E infine Bearzot, un personaggio «scomodo», ma un allenatore con cui si poteva parlare di problematiche personali, di famiglia, persino di finanza, «non come avviene con gli allenatori di oggi». Il mister di allora spingeva perché si superasse la distinzione da club, e al Mundial mischiò volutamente avversari sui campi italiani corroborando lo spirito di squadra.

Graziani riporta diversi aneddoti dosando efficacemente i tempi comici e conquistando la platea di Piazza Castello. Su tutti, la partita a scopone scientifico sull’aereo di ritorno Zoff - Pertini vs Causio - Bearzot. «Pertini era un presidente straordinario. Ma a carte non ci capiva niente». Sempre Pertini ignorò i suggerimenti di chi voleva atterrassero a Fiumicino perché Ciampino era invaso dai tifosi, e partecipò poi al percorso festoso di tre ore per andare dall’aeroporto al Quirinale.

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Ciò che sorprende dell’incontro, al di là degli evidenti meriti sportivi incarnati da Graziani e da compagni e ripresi da Buffa, è la maestria nello storytelling dei due ospiti. Che sia il ricordo divertito delle canzoni che si cantavano nei pre-partita (Champagne e Cuccurucucù), o quello nostalgico dei protagonisti scomparsi, i due ospiti rapiscono il pubblico con una parlata coinvolgente che lascia spesso spazio alla risata. La dimensione narrativa detta le dinamiche e le tempistiche dell’interazione e aiuta vivamente a ricostruire un preciso immaginario. Ecco allora che il calcio, o lo sport in generale, si affermano nella loro urgenza espressiva: non uno sterile compendio di aneddoti, ma una strenua difesa dell’assunto per cui tutto ciò che si ricorda nel tempo è cultura. Campioni del mondo, campioni del racconto.

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