Come non finire risospinti senza sosta nel passato
10 9 2022
Come non finire risospinti senza sosta nel passato

La cosmologia letteraria di Christoph Ransmayr

«Se dovessimo descrivere Christoph Ransmayr potremmo adoperare due immagini: un araucaria brasiliana, albero assalitore del cielo che si slancia verso l’alto, e i Maoi, le misteriose statue monolitiche che ci narrano di un tempo di dei scomparsi, con un’enigmaticità senza tempo». Con queste parole la scrittrice Melania Mazzucco introduce agli ascoltatori uno dei pilastri della letteratura contemporanea in lingua tedesca sotto le colonne di Palazzo San Sebastiano.

La produzione letteraria di Ransmayr è costellata di storie emerse e sommerse, di una geografia costruita attorno a viaggi ed esplorazioni, sotto il segno dominante della metamorfosi. Una metamorfosi che si esplica anche nella forma della scrittura: saggi, romanzi, versi fluttuanti si alternano in una continua ricerca e sperimentazione. Uno degli aggettivi che più gli si attaglia è “irrequieto”, da considerare come una chiave di lettura importante per addentrarsi nella produzione di uno scrittore che è un viaggiatore nello spazio, nel tempo e nella letteratura. «Non ho mai viaggiato solo verso i luoghi, viaggio verso le persone» spiega Ransmayr.

L’acqua, in particolare, è un'idea ossessiva che ha attanagliato Ransmayr nelle prime opere, rimasta silente per decenni è riemersa solo nel suo ultimo romanzo Il maestro della cascata. Il libro è ambientato in un tempo verbale che non è stato ancora inventato, una sorta di futuro prossimo in un’Europa disintegrata dai nazionalismi, trasformata in micro patrie e comunità che vivono aggrappate all’utopia di una restaurazione di un passato glorioso. Ogni alterità è stata espulsa. L’acqua non è più bene comune, ma alla mercé di cartelli criminali che hanno depauperato l’umanità. La costruzione della geografia dei romanzi di Ransmayr, osserva Mazzucco, è uno degli aspetti più affascinanti, poiché è al contempo finzionale ed immaginaria: un’invenzione di mondi propaghi ma non reali, continui e visionari. Costruiti con ricordi di luoghi visti e proiezioni di luoghi possibili.

L’immagine di un fiume Tonle Sap presente ne Il maestro della cascata è solo l’esempio di un’idea di letteratura che nasce dall’esperienza diretta dei viaggi dello scrittore e che diventa una riflessione sull’inversione del tempo, ossessione dell’Europa contemporanea: invertire il corso della storia come il Tonle Sap inverte il suo flusso ripercorrendo il letto del fiume a ritroso. Ransmayr crede che la convinzione di un decorso naturale del tempo come una linea retta dove si susseguono passato, presente e futuro sia del tutto illusoria. «Nessuno vive nel presente, viviamo sulla base dei nostri ricordi. Siamo talmente immersi in questa dimensione di speranze, paure, timori ed irrequietezze che siamo anche proiettati nel futuro. Viviamo in un ante-tempo, dove il passato riemerge quando meno ce lo aspettiamo». Il tentativo di sospingere il corso della storia verso il passato invertendone il flusso è un’aberrazione da non compiere, al contrario, l’autore incita a non dimenticare le nostre colpe, individuali e collettive.

Siamo dei punti in un enorme tappeto di fili intrecciati: non si può e non si deve scappare dall’inferno della storia, né tentare di invertirne il corso. Si deve affrontare il baratro viaggiando nel tempo e nello spazio, sempre aperti agli incontri con le creature che abitano il mondo. Persino la letteratura è un viaggio interstellare: si parte e non si sa dove si arriva. Che, alla fine, compiamo sempre per incontrare qualcuno.

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