Di chi è la colpa?
10 9 2021
Di chi è la colpa?

Alessando Piperno: Imposture e disvelamenti nel nuovo romanzo

Incalzato da Annalena Benini, Alessandro Piperno racconta la genesi nel suo ultimo libro Di chi è la colpa. Il romanzo è narrato in prima persona dalla voce di un bambino che si affaccia alle soglie dell’adolescenza, che cambia continuamente, pagina dopo pagina, assieme al lettore. È la storia di un ragazzino timido e introverso, con il mito del padre e una grande ammirazione della madre. Della perdita dell’innocenza, contestuale a quando scopre che esistono la colpa, la menzogna e l’impostura. E persino un mondo bellissimo in cui desidera immergersi: l’edonismo, la bellezza, la musica e divertimento.

Piperno usa la prima persona, con le sue sarcastiche e libidinose criticità, per varie ragioni: primariamente perché negli anni vede affiorare la sua voce tra gli articoli sul Corriere che mescola una forma di ironia, riflessione, causticità e tenerezza. In secondo luogo, per il grande amore per il romanzo vittoriano, Dickens ed Elliot, per il loro strano modo di lavorare sull’io. In terzo luogo, per la scomparsa dell’idea della responsabilità individuale: per dare un senso retrospettivo allo sconforto politico, all’emigrazione, alla crisi economica, Piperno osserva che si tende a cercare un colpevole fuori di sé. È colpa di tutti, ma non mia. Di chi è la colpa per le cose che vanno male? C’è un pensiero ancora più vertiginoso: non c’è un colpevole, le cose sono andate così.

Viviamo costantemente nell’idea di poterci riconoscere in un’identità, un partito, un’etichetta. L’identità del protagonista di Di chi è la colpa si racchiude nel rapporto coi due genitori e dietro un immane segreto, il nulla. Ciò crea una dissociazione nel ragazzo e una grande paura di perdere i genitori. Poi incontra la sua famiglia d’origine: ebrei edonisti, bellissimi, ricchi e presuntuosi. In questo istante il bambino entra in una nuova stagione della vita: improvvisamente desidera essere un altro, vorrebbe essere loro figlio. Nel romanzo, per una serie di vertiginosi eventi, i genitori muoiono e, a costo di un lutto, il desiderio di avere una famiglia abbiente si avvera. Ma, a questo punto, il ragazzo scopre di non essere felice. Avverte la colpa.

Cerchiamo sempre di affibbiare agli altri le colpe e le imposture, asserisce Piperno, e qui il capro espiatorio perfetto di ciò che non riusciamo ad essere e ad avere è la famiglia. Nessun personaggio riesce a salvarsi dalla condanna della socialità: tutti cerchiamo di essere, aspiriamo a dei modelli di felicità che non hanno a che fare con la noi, facciamo aderire la nostra personalità al ruolo. Ciò avviene in modo parossistico nell’adolescenza: inventiamo noi stessi. Non vi si esce mai.

Nel romanzo ci si immerge anche nella possibilità dell’amore, a partire dalla famiglia: il protagonista ne è enormemente innamorato. Piperno non crede nel concetto di amore di Proust come un sentimento generato dal movimento di fuga, ma crede nella sua autenticità. Crede che l’amore, come la felicità, siano assediati dall’idea della perdita. Quando si ama realmente, l’idea che la felicità venga meno è traumatica, soprattutto per un ragazzino.

«Ero convinto, da ragazzino, che i genitori potessero morire nel sonno. L’idea della relazione tra la felicità e lo spettro della perdita è una delle esperienze dell’amore».

Non c’è salvezza, ma c’è bisogno di pietà, per ognuno di noi, per le nostre meschinerie e le nostre bugie. Per spiegare il titolo: se la colpa non è di nessuno allora tanto vale far prevalere un briciolo di ironica misericordia.

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