Due reportage per Meglio di un romanzo
4 12 2020
Due reportage per Meglio di un romanzo

"Il Villaggio Morelli" di Martina Ferlisi e "Quell’ultimo sentiero" di Beatrice Spazzali sono i lavori scelti dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo per essere sviluppati a puntate sul sito di Festivaletteratura e su Q Code Magazine

Ci sono storie che non smettono mai di interrogare il nostro presente, la nostra appartenenza a un luogo, a una comunità, a un’esperienza individuale o collettiva iscritta nella storia di un Paese. Le vicende che nei prossimi mesi verranno raccontate da Martina Ferlisi e Beatrice Spazzali, le giovani autrici dei progetti inediti di reportage presentati a Festivaletteratura 2020 nell’ambito di Meglio di un romanzo, fanno senz’altro parte di questo insieme.

Introdotti lo scorso settembre durante la rassegna che il Festival dedica ormai da sette anni al giornalismo narrativo e alla crescita di nuovi talenti del reportage, Il Villaggio Morelli di Ferlisi e Quell’ultimo sentiero di Spazzali sono stati scelti in queste settimane per essere sviluppati a puntate sul sito di Festivaletteratura e su Q Code Magazine a partire da gennaio 2021. È il primo ex aequo di due candidature nella storia di Meglio di un romanzo e il merito è dovuto senz’altro alla qualità delle proposte, già emersa in occasione degli incontri radiofonici coordinati a Festivaletteratura da Christian Elia in presenza di Floriana Bulfon e Maurizio Pagliassotti (è possibile riascoltarli qui), ma anche dell’originalità e della pregnanza delle storie che intendono narrare in rapporto all’oggi.

Il Villaggio Morelli sarà un viaggio a ritroso fino al 1932 e alla nascita del più grande complesso sanatoriale d’Europa nel cuore della Valtellina, un’occasione per indagare le molte trasformazioni delle politiche sanitarie in Italia nel corso dei decenni, ma anche la rappresentazione sociale della malattia e dell’isolamento, della cura medica e del suo rapporto con un territorio. Quell’ultimo sentiero, a partire dal viaggio che nell’autunno del 1973 ha segnato il tragico destino di sei migranti al confine tra Italia e Slovenia, appena accennato nelle cronache del tempo ma mai dimenticato dalle comunità locali, sarà un ritorno in quegli stessi sentieri carsici che oggi sono attraversati da decine di profughi in rotta verso l’Italia e il resto del continente europeo.

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