Scardinare l'idea che abbiamo di loro ascoltandone la voce
Oggettificate e limitate a essere dei personaggetti bidimensionali, le ragazze non erano e non sono ancora oggi totalmente libere di prendere in mano la narrazione che viene fatta di loro, e quando cercano di riappropriarsene rischiano di ricadere nell’immagine proiettata su di loro dallo sguardo maschile. Sara Marzullo, nel suo Sad Girl. La ragazza come teoria (66thand2nd, 2024), parte da questo aspetto problematico per sviluppare la sua riflessione sugli strumenti che hanno le ragazze per costruire la propria identità. La definizione che storicamente ne viene data interseca due stereotipi di genere: quello della donna come passiva rispetto all’agito maschile e quello di persona giovane che calamita su di sé l’attenzione e il desiderio altrui. Svincolarsi dallo sguardo dell’uomo e guardare a sé stesse in modo nuovo può diventare un processo più complicato del previsto, soprattutto quando si vive un’età in cui la propria mutevolezza genera confusione.
Per Cristina, la protagonista dell’ultimo
romanzo di Francesca Manfredi Il periodo del silenzio (La nave di Teseo,
2024), la soluzione è ricorrere a una posizione radicale: ammutolirsi progressivamente per fuggire dal mondo. Il silenzio, però, è soprattutto una prova che lancia a sé stessa, è il suo moto di allontanamento dal giudizio e dalla paura di diventare adulta in un momento della sua vita in cui l’essere adulta le sembra un miraggio lontano. E se non può essere adulta perché le tappe che ne sanciscono il passaggio (un lavoro stabile, il matrimonio, una casa propria) le sono precluse e dall’altro lato la società continuamente la infantilizza in quanto ragazza, non le rimane altro che tirarsi fuori dal gioco delle categorie e rifiutare di appiccicarsi addosso qualsiasi tipo di etichetta. «Not a girl, not yet a woman», direbbe Britney.
Il voto laico di Cristina zittirà
sé stessa, ma non le persone attorno a lei, le cui reazioni alla sua scelta
sono opposte a quelle desiderate. Invece che cadere nell’invisibilità, la ragazza
viene subissata dai discorsi altrui, in particolare dai fiumi di parole della sua migliore
amica Silvia. Come per la protagonista della trilogia Onori, Resoconti e Transiti di Rachel Cusk,
il suo essere uno spazio vuoto dà la libertà a chiunque di riempirlo con ciò
che si vuole, anche con le emozioni che si fa fatica ad attribuire a se stessi. È impossibile smettere di comunicare, il silenzio comunica sempre qualcosa che cambia sulla base di chi si ha davanti, che smette di pensare al Tu e che, trovandosi da solo nel dialogo, inizia a incentrare i suoi discorsi sull’Io.
In fondo, però, Cristina non fa che eludere il momento in cui crescere e andare avanti, c'è qualcosa di molto nevrotico nel voler permanere nella condizione di ragazza, che ha a che fare con il concentrarsi sulla propria individualità, sulla piena consapevolezza dei propri desideri, eliminando del tutto dal proprio orizzonte ciò che è altro da sé. Eppure, è proprio lo sguardo che le ragazze hanno sulle altre ragazze a consentire loro di individuarsi, di scoprirsi attraverso il gioco di specchi messo in campo nell'amicizia. In definitiva, la relazione con il mondo è ciò che serve alle ragazze per abbandonare la loro bolla e diventare, finalmente, le donne che già sono.
L'intervista di Sara Marzullo con la redazione di Festivaletteratura
L'intervista di Giulia Muscatelli con la redazione di Festivaletteratura