Ibridi e contaminazioni
23 9 2019
Ibridi e contaminazioni

Scienceground va in trasferta: a Pisa si discute di letteratura e scienza

C’è vita (anche) fuori Mantova: a pochi giorni dalla fine della XXIII edizione di Festivaletteratura, siamo entrati nel mondo accademico per discutere di scienza e letteratura, a Pisa, al Congresso Nazionale dell’Associazione degli Italianisti. Grazie a Scienceground, il progetto che durante tutto il Festival si è occupato di scienza nella società, abbiamo contribuito al dibattito con un panel dal tema Ibridazioni narrative: come ripensare la comunicazione scientifica.

L’intento: portare dentro l’università le ibridazioni già sperimentate al Festival e approfondire il discorso sui mondi raccontati dalla scienza, o dalla scienza vista dalla letteratura, e raccogliere idee e scintille in vista della prossima edizione del Festival. La fantascienza, il postumaneismo, la conoscenza scientifica come metafora dentro le forme della letteratura o la storia della scienza intesa come racconto, queste sono le direzioni che ha preso la discussione, coordinata da Sara dal Cengio e Matteo Polettini, tra le anime di Scienceground e scienziati di formazione – primissima ibridazione a un congresso di italianisti. Con loro hanno dialogato sulle contaminazioni tra letteratura e scienza, Mattia Galeotti, matematico dell’Università di Trento, Paulo Fernando Lévano, filosofo formatosi all’Università di Bologna ed esperto di storia della scienza, Lucia Faienza, italianista dell’Università dell’Aquila e Simona Micali, professoressa all’Università di Siena, studiosa di narrativa fantastica e science fiction.

Galeotti ha da subito segnato il campo di gioco, mettendo in discussione il ruolo della Scienza come dispensatrice di verità dentro le strutture del potere: quali sono le implicazioni politiche di questi meccanismi? Risponde proprio la narrativa distopica che esaspera le produzioni dell’immaginario tecnoscientifico e ne mostra le crepe. Ma anche nelle speculazioni fantascientifiche, secondo Simona Micali, «si sperimentano le potenzialità e i rischi della scienza e della società contemporanei». E in questo filone si inserisce parte della science fiction che affronta il postumanesimo, l’uomo fatto ibrido: è proprio qui che si può «evidenziare il valore etico e politico» della fantascienza.

Ma c’è anche il rovescio della medaglia: quando la scienza diventa, per così dire, metodo letterario. Ed è proprio il caso di uno dei più grandi autori della recente letteratura italiana, Primo Levi. Come ha raccontato Lucia Faienza, lo scrittore, chimico di formazione, usava la sua formazione scientifica per esaminare la tragedia umana, propria e collettiva. Lo rivelò lui stesso a Philip Roth in un’intervista del 1986, dicendo di avere «la curiosità del naturalista, trasportato in un ambiente mostruoso». Lo scientifico contamina così la sua narrazione, nelle deformazioni fantastiche delle Storie naturali come nell’antologia biografica della Ricerca delle radici.

Il rapporto tra le due culture descritte da Charles Snow, nel 1959, sembra essere ben più contaminato di quanto pensassimo. E se persino potessimo leggere anche la storia della scienza come un racconto? Paulo Fernando Lévano ha provato a rispondere alla domanda. «Scienza e letteratura stanno in un rapporto di rivalità mimetica»: la scienza come racconto imita la letteratura mentre la letteratura non può nascondere la sua vocazione scientifica.

A tirare le somme della discussione Dario Mastripieri, biologo prestatosi alla letteratura, e Alessandro Della Casa, della segreteria organizzativa di Festivaletteratura, che ha riportato l’intera chiacchierata a una ragione spaziale: la contaminazione resta teoria se non è ospite di uno spazio, spazi aperti in cui scienze e letterature o scienziati e letterati possono sfidarsi nella loro rivalità mimetica. Spazi come il Festival, esperimenti come Scienceground.

Festivaletteratura