Il cellophane: Guardare non è capire
8 9 2021
Il cellophane: Guardare non è capire

Giuseppe Mazza su un prodotto che ci parla di noi attraverso la sua superficie trasparente

«Ci siamo fatti un anno di pandemia per ritrovarci qui oggi a parlare di cellophane»: dietro un’apparente apertura giocosa, Giuseppe Mazza, copywriter e pubblicitario abituato a dir tutto con poco, ha in realtà racchiuso il senso delle due merci che ha scelto per essere illustrate sulla Lavagna della Rotonda di San Lorenzo. Qui fuori, sotto il sole che tramonta e lascia il posto al buio, Mazza esorta il pubblico a guardare agli oggetti in modo più razionale, per capirne la storia, i significati, le relazioni che sanno intrecciare. La plastica e i prodotti per la pulizia si sono intromessi nella nostra quotidianità con tanta irruenza nell’ultimo anno che è difficile anche solo immaginare di farli tornare al loro status precedente, di prodotti slegati dalla nostra sfera emotiva. Per questo Mazza ha deciso di ripercorrerne la storia, il percorso tortuoso che si cela dietro molti articoli che affollano gli scaffali dei supermercati.

La plastica, come tutti i prodotti, è intelligente. Sa cambiare forma, plasmarsi – il cambiamento è parte del suo nome. Demonizzata, abusata, bandita. Ma non potremmo immaginare di farne a meno, soprattutto ora che la nostra modalità di consumare è stata profondamente impattata dal Covid. Il cellophane in particolare è un ricettacolo di contraddizioni. Trasparente, apparentemente sincero, ma pieno di segreti. Il primo? Non è una vera plastica. È un prodotto compostabile, fatto di cellulosa, che in origine non era usato per il cibo, ma per proteggere le tovaglie e i tessuti. A un prodotto così cangiante associamo valori di trasparenza, pulizia, perfezione. Il cellophane è il guscio in cui ci infiliamo quando gli altri ci fanno paura, che sia dal punto di vista sanitario, o perché no, anche da quello emotivo.

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Tutto questo il cellophane lo sa. Lo sa quando mantiene la carne rossa perché a noi piace così, poco importa che questa diventi naturalmente marrone non appena trascorre qualche ora dalla macellazione. Lo sa quando avvolge la pasta, la frutta, il pane e ci consente di analizzare, di valutare le merci, ci dà l’illusione di poterle capire. Non è trasparente, il cellophane. È uno schermo, è il palco su cui si recita lo spettacolo dei nostri desideri. Per questo se vogliamo riprenderci il controllo del nostro consumo e andare oltre l’apparenza, è fondamentale ammettere il valore che i prodotti sanno avere per noi, il ruolo che hanno nel donarci piacere. In fondo lo diceva anche Paolo Conte: “Farà piacere un bel mazzo di rose / anche il rumore che fa il cellophane”.

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