Il linguaggio della memoria
9 9 2018
Il linguaggio della memoria

Come raccontare le fratture della Storia

Intorno alle patrie, alle identità, alle lingue che a fatica si riconducono dentro i confini ridisegnati per tutto il Novecento si annodano molte delle potenti narrazioni degli scrittori europei ospiti quest'anno a Festivaletteratura.


Il romanzo Il confine dell’oblio dello scrittore russo Sergej Lebedev parla dell’epoca del Grande Terrore di Stalin e si svolge come un’inchiesta sulla memoria collettiva di questa tragedia dei Gulag. Nel libro c’è un episodio in cui il protagonista durante le sue ricerche al Nord della Russia dove erano sparsi i campi di lavori forzati, incontra un gruppo di turisti stranieri che fanno “un’escursione al lager”. Vedendo i loro vestiti colorati e le macchine fotografiche, il narratore sente fortemente diversità ed estraneità tra lui e loro. «Noi stranieri, siamo in grado di capire quello che è successo in Russia?» domanda Paolo Nori e Lebedev risponde che alla fine non è una questione di nazionalità, che si tratta dei rapporti tra un uomo e il male.

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L’intenzione del romanzo di indagare i grandi avvenimenti che hanno toccato le varie generazione del paese fa venire in mente la tradizione del romanzo storico russo. Infatti Paolo Nori gli chiede se Lebedev ha come riferimento Guerra e pace di Lev Tolstoj. La risposta di Lebedev però è inaspettata: lui come scrittore cerca di allontanarsi dal metodo tolstoiano di raccontare la Storia. Tolstoj è stato uno dei grandi «creatori della storia russa» dell’Ottocento, per parlare del Novecento questo approccio non si adatta: non si può raccontare la storia dell’epoca fatta dai fantasmi e dei fenomeni irreali con il linguaggio realistico di Tolstoj.

Per Lebedev una dei problemi nel lavoro sul romanzo è stata la scelta del linguaggio. Serviva la forza delle metafore e dei simboli, anche per descrivere il doloroso periodo di transizione dall’URSS alla Russia dei nostri oggi, avvenuto negli anni '90. Nel libro i simboli del potere scomparso sono per esempio le vecchie banconote sovietiche, svalutate durante la riforma monetaria degli anni Novanta e sepolte in una cava della miniera che il protagonista trova in una delle spedizione geologiche.

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L’uomo sovietico, spiega Lebedev, ha sempre avuto predilezione verso i riti simbolici che tante volte sostituivano la realtà. Sempre negli anni '90 una volta la gente è uscita a manifestare alla piazza Lubjanka, davanti all’edificio del KGB; dentro c’era ancora una trentina di agenti che erano pronti di respingere l’assalto. Ma l’assalto non è avvenuto: al popolo sovietico bastava «la vittoria simbolica» e non ha approfittato dello «smarrimento storico» di questi strutturi del potere che molto presto hanno recuperato le loro posizioni (basta ricordare le bombe sulla Casa Bianca di Mosca del 1993 e la prima guerra cecena del 1994) e inoltre hanno ereditato parecchi tratti dal proprio antecedente sovietico.

Il potere sempre ha paura della parola scritta che si manifesta attraverso la letteratura o il giornalismo (Lebedev tra l’altro fa sia lo scrittore che il giornalista). Secondo lui, il potere attuale in Russia, a differenza dei vertici comunisti, posiziona la letteratura in periferia dimenticandosi che «a lungo termina la letteratura è sempre vincente». Lebedev continua a scrivere per testate giornalistiche, russe o estere, anche se il periodico dove collaborava da anni è stato chiuso per motivi politici. Il lavoro giornalistico gli permette di raccontare ciò che accadde subito, senza trasformarlo in un’opera letteraria. E così gli aiuta a compiere la missione di un vero “uomo delle parole”: non tacere quando altri tacciono e come hanno taciuto le generazioni precedenti.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 28 “Scrivi come se nessuno ti vedesse” - Evento 29 “Autoritratto di un giannizzero” - 47 “Accadde a Sarajevo” - Evento 101 “Metafisica del lontano nord” - Evento 114 “Nipoti della storia” - Evento 115 “Nelle fini piume delle nuvole” - Accenti, “En el laberinto catalán” sabato 8 settembre, ore 10:00 - Evento 146 “Un pregiudizio mai sopito” - Evento 156 “La Spagna sospesa in un romanzo” - Evento 187 “Il mondo si incontra a Bruxelles” - Evento 196 “Il sessantotto che non abbiamo capito”.

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