Il lungo cammino dei vivi
9 9 2021
Il lungo cammino dei vivi

Testimonianze di un desaparecido con Marco Bechis

Dopo anni di ricerca di sé stesso, di riappropriazione della propria identità di sopravvissuto ad un regime totalitario, l’attore e regista Marco Bechis si mette a nudo davanti al pubblico di Festivaletteratura presentando il primo romanzo autobiografico, La solitudine del sovversivo. Al suo fianco, l’amico e collega Gigi Riva (Non dire addio ai sogni) lo guida e supporta in un difficile viaggio nel passato, le cui cicatrici sono ancora presenti.

Marco Bechis è infatti uno dei pochi desaparecidos ritornato vivo dal terribile campo di detenzione illegale Club Atlético in cui, tra il 1976 e il 1983, migliaia di giovani sono stati imprigionati e torturati perché sospettati di aver svolto attività sovversive contro la Giunta Militare.

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Bechis all’epoca aveva diciannove anni e, figlio di madre cilena e padre italiano, era arrivato in Argentina con la voglia di prendere parte a quella rivoluzione che si stava muovendo con decisione: «A diciannove anni le cose non sono sempre molto chiare, ma alcune le avevo chiare. Arrivavo dall’Italia dove la militanza era diversa, sotto un governo democratico. In Argentina invece il contesto era completamente differente. A diciannove anni poi c’è in noi l’attrazione per il rischio: ti muovi per una pulsione che senti più necessaria che ragionata. Così mi sono ritrovato in una situazione diversa da quella italiana fingendo che fosse uguale.»

Le cose sono precipitate velocemente e, pur non essendo un militante armato, è stato denunciato. Il 19 aprile 1977 un gruppo di militari in borghese l’ha sequestrato fuori da scuola per portarlo in uno dei più celebri centri clandestini di detenzione. Era un desaparecido.

«Ricordo che in quei giorni la paura era pervasiva e permanente. Ero entrato in uno stato per niente emotivo, perché l’emozione ti indeboliva. L’unico ricordo doloroso che mi legava all’esterno era l’angoscia dei miei genitori che mi stavano cercando senza sapere nulla»

Nel 2003 Hebe De Bonafini, tra le fondatrici dell’associazione Madri di Plaza de Mayo, spiegava a Festivaletteratura il dolore di quelle madri i cui figli sono scomparsi nel nulla. Ieri sera, quello stesso dolore è stato raccontato di nuovo da uno di quei figli che, a differenza di molti altri, è sopravvissuto.

Grazie all’intervento dei genitori, dopo mesi di abusi fisici e psicologici, Bechis è riuscito a fuggire e da desaparecido è diventato non solo sopravvissuto, ma soprattutto testimone e denunciatore delle violenze che migliaia di vittime ridotte al silenzio hanno subito come lui. È questo ciò che l’ha portato a produrre importanti lavori cinematografici come Garage Olimpo (1999) e Figli/Hijos (2002), nonché a testimoniare nel 2010 durante il processo contro la Giunta Militare Argentina.

Ma, purtroppo, essere sopravvissuti significa portare con sé un ulteriore peso, il senso di colpa di chi è vivo al posto di altri, quel senso di solitudine che proprio ne “La solitudine del sovversivo” troviamo esplicitata. «Una volta ho incontrato un dottore, uno dei pochi sopravvissuti al terribile disastro aereo delle Ande, che si è salvato perché ha deciso di camminare verso la libertà. Io, a differenza sua, mi sono salvato perché mi hanno liberato, e solo poi ho iniziato a camminare. Forse questo libro è un meccanismo per attraversare un nuovo sentiero. Forse, come il dottore, sto ancora camminando».

Festivaletteratura