Il luogo delle risonanze
10 9 2021
Il luogo delle risonanze

Narrare è una forma di esorcismo

Come è possibile scrivere un romanzo che riesce a raccontare in maniera nuova un argomento tanto conosciuto e studiato? Come rendere Mussolini e il fascismo leggibili da tutti? Ci sono stati e ci sono grandi storici che si sono occupati di quel periodo ma che hanno scritto saggi affatto appassionanti, per carenze letterarie degli autori.

Antonio Scurati è riuscito invece in qualcosa di molto raro. Ha trovato il modo di raccontare il fascismo alle persone “di adesso”. E scrive un romanzo documentario, come lo definisce lo scrittore, un’opera che sottintende una ricerca storica enorme grazie alla quale i personaggi parlano e pensano come hanno davvero fatto nella realtà storica. Questa dimensione nuova riesce ad attrarre il pubblico, i dialoghi rendono ancora più vere le vicende raccontate, già di per sé reali grazie appunto alla ricerca storica rigorosa. Come mai quindi tutto questo è potuto accadere adesso, chiede Marcello Flores allo scrittore. Perché nessun romanzo ha mai avuto Mussolini come protagonista. Perché è sempre stato “proibito” fare una cosa del genere. C’era una sorta di interdetto ambientale, un tabù che ha origine in uno dei fondamenti del nostro vivere civile. La nostra repubblica, la nostra democrazia, si fondano sull’antifascismo, sulla costituzione e su una narrazione della storia data sempre da antifascisti impegnati. Finché questa narrazione è stata egemone, un romanzo con Mussolini protagonista non poteva essere scritto. Adesso invece quella narrazione è tramontata, non esiste più. Si è aperto uno spazio. Scurati fa parte dell’ultima generazione che ha ricevuto la narrazione antifascista senza aver vissuto direttamente quel periodo. Adesso invece non esiste più il racconto antifascista. Il “chi siamo noi” non prevede il valore dell’antifascismo. Una volta si diceva di essere democratici, repubblicani, socialisti, antifascisti. Ora l’antifascismo è sparito e i fondamenti del nostro vivere democratico sono venuti meno. Flores nota che nei romanzi di Scurati i protagonisti sono solo Mussolini e i fascisti. L’opposizione e la società non ci sono quasi. Questa è stata una scelta voluta: si è voluto entrare solo nella testa dei carnefici, far risaltare in maniera assoluta il rapporto con la violenza, forte e passionale, di queste persone figlie del conflitto mondiale appena concluso. Scurati ha scommesso su questo. E sulla possibilità di entrare attraverso questo libro nel “luogo delle risonanze” insieme alle schiere di chi ci ha preceduto e anche di chi ci seguirà. In un sentimento della storia che ci permette di arrivare alla considerazione che non siamo i primi e neanche gli ultimi. Facciamo parte di un flusso nel quale dobbiamo trovare la nostra corrente. Non è vero infatti che l’Italia ha fatto i conti con il fascismo. Non completamente. Gli storici hanno studiato e hanno scritto, a livello di cultura diffusa quel periodo è stato compreso e superato. Ma la società non li ha fatti i conti veri con il fascismo. Gli italiani non mai elaborato il fatto che siamo stati tutti fascisti, che abbiamo inventato il fascismo. Dopo la guerra di Etiopia è vero che c’è stato il periodo del consenso. Ma Mussolini gli italiani li aveva già in pugno dall’inizio.

Dove sono io allora in questa corrente, in questo flusso. Quando leggo delle violenze fasciste o dell’ignavia dei liberali. Quando leggo degli intellettuali che non capirono. Dove sono in questo flusso. E questo genera sapienza esistenziale, perché riesco ad allargare lo sguardo al presente e mi posso fare domande sull’oggi, su dove mi pongo in questo luogo di risonanza. Una mappa cognitiva per interpretare il presente e per capire qualcosa della nostra vita. E se uno degli attentati di Mussolini fosse riuscito? Quattro attentati in 14 mesi. Esiste sempre una quota del caso, di indeterminazione del farsi della storia.

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Il determinismo è una rinuncia a priori alla lotta. La storia infatti è la lotta “per” la storia, la democrazia è la lotta “per” la democrazia. Non esiste niente se non nel momento in cui si lotta per cambiare il corso degli eventi. Non è necessario, non “deve” essere necessario che accadano le cose, possiamo cambiare se vogliamo, se lottiamo. Vanno insieme il sentimento della storia e il senso di lotta. Se manca questo è la resa. E proprio la nostra generazione ha perso questo senso, e non può insegnarlo alle generazioni future. Occorre invece assolutamente ritrovare questo spirito. Nel ricordare il colonialismo italiano in Libia, nel ricordare che costruimmo i primi campi di concentramento per vincere la resistenza dei libici. Che deportammo centomila persone, che usammo il gas, che abbiamo contribuito ad un genocidio, che abbiamo ucciso e devastato. Occorre lottare perché non passi la visione distorta che alcuni fanno della realtà. Perché nei confronti delle migrazioni non facciamo sempre le vittime, dato che le vittime vere non siamo. Occorre lottare per capire da che parte stare, per stare dalla parte giusta in questo flusso di coscienze. Perché è vero che la storia non si ripete e che il fascismo storico non può tornare. Ma dobbiamo recuperare in ogni modo i fondamenti del nostro vivere democratico.

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