Il silenzio e le parole
7 9 2019
Il silenzio e le parole

Festivaletteratura rinnova la sua costante attenzione verso la parola poetica attraverso un programma che vedrà presenze internazionali, cui si aggiungerà una serie di incontri con alcuni degli autori più significativi nel panorama della poesia italiana contemporanea, con esondazioni della poesia in territori artistici confinanti, quasi a testarne la vera forza espressiva.


Poesia è trasfigurazione della propria vita. Chandra Livia Candiani ha accolto il dono della poesia per raccogliere i frantumi della propria difficile vita, e li ha raccolti attraverso altri frantumi, altre parole rapide, raccolte in versi e in silenzi. Perché secondo Elisabetta Bucciarelli, che accompagna la poetessa nell’incontro al Conservatorio Campiani, si legge poesia per prendere sempre qualche parola e portarla via con sé. La poesia salva la vita, è un sostegno leggerissimo che salva la vita. Ma la vita per essere poesia ha bisogno di lavoro. Un dono fatto agli attenti che implica destino.

Quali possono essere allora alcune parole da portarsi via nella poesia di Chandra? Per esempio la parola desiderio. “Desiderio”, de-sidereo, essere lontani dalle stelle, fare dell’infinito la propria casa. Bisogna imparare a desiderare senza oggetto, liberare l’energia pura che non divora come quando si desidera qualcosa. Senza l’oggetto, il desiderio torna ad essere forza viva. E avere fiducia nel non sapere, nel non conoscere quello che ci attende. “Visionarietà”, sopravvivenza grazie all’immaginario, parole che aprono l’orizzonte. E che ci permettono di incontrare l’altro facendo attenzione alla sua fragilità. Esistono ancora incontri con persone che fanno domande e questo sblocca il proprio pensiero. Anche “rifugio” è una parola che si può portare con sé. Un luogo dove stiamo bene, dove possiamo dire “siamo a casa”. Una sensazione come quella che si ha quando si espira. Un luogo che, attraverso il respiro, si allarga in maniera sterminata e abbraccia chi ci sta intorno. Respiro e soprattutto silenzio. Il silenzio è risonante, bisogna ascoltare il silenzio perché è cosa viva. Il silenzio è quando si sente che essere vivi è una grande cosa, non scontata. È una rivelazione, un “ruah”. Il silenzio semina e le parole raccolgono. E poi abbracciarsi, sentire la nostra “impermanenza” simile al tremare, sentire il sacro che è il nostro corpo, la chiesa, la sinagoga, la moschea più importante. Abbandonarsi a qualcosa di non doloroso. Lasciarsi andare e coraggiosamente donarsi agli altri. “Coraggio”, che ormai non sappiamo più trovare, ha in sé la parola cuore. Chi ha tanta paura ha coraggio, in un coraggioso abita la paura. Coraggio è tremare, coraggio di vivere è un disarmarsi e mettersi a nudo di fronte alla natura. Molte volte, perché proprio ci manca il coraggio, mettiamo delle “porte” e crediamo di essere al sicuro. Invece dobbiamo aprirci all’altro perché ognuno di noi è responsabile della sofferenza altrui. Dobbiamo ricevere dalla vita per trasfigurare. In uno spazio di carica, spazio in cui l’altro ci è caro. Spazio grandissimo che comprende tante persone, fino a superare la morte. Perché una relazione può superare la morte e la poesia è la prova che la morte non ha mai l’ultima parola.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 9 “Una lingua che esiste da sempre” - Evento 21 “Il teatro è un gran patto collettivo” - Evento 26 “La poesia organica” - Evento 44 “Lo zolfo della parola - I riti teatrali di Mimmo Borrelli” - Evento 50 “Sono quello che sono, sono sempre la stessa” - Evento 88 “Una scena che ho visto tanti anni fa” - Evento 101 “Gli occhi, fondali neri” - Evento 135 “Le voci della disobbedienza” - Evento 163 “Il silenzio e la luna” - Evento 188 “La poesia insegna il necessario” - Evento 217 “Ultima poesia”.

Festivaletteratura