Il volto umano di Dante
9 9 2022
Il volto umano di Dante

La vulnerabilità del Sommo Poeta attraverso lo sguardo cinematografico

«A l’alta fantasia qui mancò possa; / ma già volgeva il mio disio e ’l velle, / sì come rota ch’igualmente è mossa, / l’amor che move il sole e l’altre stelle»; recitano così gli ultimi versi della Divina Commedia, cui si richiama l’ultimo libro di Pupi Avati, L’alta fantasia, oggetto dell’incontro di questo pomeriggio a Piazza Castello insieme a Giuseppe Antonelli. Un libro che anticipa di poco il film Dante, di prossima uscita nelle sale: un lavoro frutto di studio, ricerca e approfondimento da parte del regista bolognese, il quale non nasconde di aver provato un certo senso di inadeguatezza nel momento in cui ha deciso di realizzarlo.

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Dante infatti spesso appare come una figura irraggiungibile, un monumento inarrivabile, un santo laico, puntualizza Antonelli. Una figura dotata di una dismisura poetica incredibile, che Avati ha odiato in gioventù sui banchi di scuola e riscoperto con piacere in età adulta. Scherzando sul suo “andar dietro” alle ragazze per i portici di Bologna – occasione che gli ha propiziato l’incontro con la moglie – Avati e Antonelli passano subito a parlare di uno dei momenti decisivi della vita del Sommo Poeta: l’incontro all’età di nove anni con Beatrice Portinari. Un incrocio di sguardi in cui emerge l’innamoramento del giovane Dante, reso in modo intenso nella trasposizione cinematografica. Per Avati infatti il cinema è sguardo, lo strumento migliore per riprodurre la realtà e la profondità dei sentimenti. Nel girare la scena in cui Dante e Beatrice si incontrano di fronte alla chiesa di santa Margherita dei Cerchi, poi, l’intensità degli sguardi è stata così carica di convinzione al punto da non riuscire a dire “Stop”, ammette il regista.

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Letteratura e cinematografia sono pertanto unite e L’alta fantasia è un libro molto visivo, accompagnato da una sorta di playlist che crea degli intermezzi musicali fra le scene brevi del romanzo, la cui narrazione va avanti e indietro nel tempo, alternando la biografia di Dante con il racconto del viaggio di Boccaccio a Ravenna. È infatti il poeta di Certaldo il cuore pulsante della storia, colui che ha amato Dante più di chiunque altro. Il personaggio, interpretato da Sergio Castellitto, è di un’umanità e una tenerezza straordinarie; è colui che ha avviato il culto dantesco grazie al suo Trattatello in laude di Dante, libro che ci ha consegnato il primo ritratto del Sommo Poeta.

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Una devozione, quella di Boccaccio, che è ricostruita attraverso la storia del viaggio compiuto nel 1350 da Firenze a Ravenna con l’obiettivo di recarsi al convento di Santo Stefano degli Ulivi, dove risiedeva la figlia di Dante. L’incarico era quello di consegnare da parte dei fiorentini un risarcimento di dieci fiorini per l’esilio ingiusto ricevuto dal padre. Quest’avventura permette all’autore del Decameron di riscoprire i segreti della vita di Dante, di incontrare le persone che hanno vissuto con lui, di tornare ai momenti più importanti della sua esistenza – l’incontro con Beatrice, l’esilio, la politica – consegnandoci un ritratto profondamente umano dell’Alighieri.

È infatti la vulnerabilità l’elemento che più ha colpito Pupi Avati al momento di dare vita al personaggio Dante. «Gli esseri umani vulnerabili sono infatti i più belli» commenta il regista «sono capaci di darti molto». Il volto sofferente di Dante, l’amarezza per la cacciata da Firenze, il dolore per l’esilio, rivelano un lato tremendamente umano che commuove nel profondo. «La vulnerabilità ti insegna a conoscere il tuo prossimo, perché l’altro è vulnerabile tanto quanto te», aggiunge Avati, prima di lasciarsi andare a uno struggente commento sul senso della vita, da ricercarsi nella continuità fra infanzia e vecchiaia, nella loro capacità di emozionare, di renderci fragili, che sicuramente quel Dante tanto odiato in gioventù è riuscito a fare con il regista, chiudendo un cerchio che restituisce finalmente in pellicola il ritratto autentico e sublime di un essere umano, prima ancor che poeta straordinario.

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