Imparare a scrivere, parlare e pensare meglio
12 9 2020
Imparare a scrivere, parlare e pensare meglio

Un libro necessario come la libertà: perché «la libertà dei pochi è il nocciolo della libertà di tutti»

L’evento si apre già in modo particolare. Su ogni sgabello troviamo un libro. Sguardi confusi, si esita prima di sedersi, c’è chi domanda se lo si può tenere. Ebbene sì, si può e si deve tenere. È un gesto che sancisce questo libro come “necessario”, per usare un aggettivo ormai alquanto abusato. Eppure i saggi raccolti in Parole o/stili di vita, a cura di Maria Teresa Celotti, che comprendono, tra gli altri, scritti di Jonathan Bazzi e Alessandro Galimberti, hanno davvero uno scopo tanto radicale quanto urgente: re-insegnarci a parlare e a scrivere. Quindi, re-insegnarci a pensare.

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Che l’italiano sia una lingua con un estremo bisogno di inclusività, è chiaro da tempo. I dibattiti si susseguono senza sosta, con un grande dispiegamento di forze sia dal lato di chi rivendica professioni declinate al femminile e forme collettive più inclusive, ma anche da chi invece si scaglia contro la dittatura del politicamente corretto, rifiutandosi di cambiare una lingua sclerotizzata su secoli di cultura patriarcale. Eppure il problema non è nell’uso singolo dell’asterisco, o sulle opinioni di chi dice o non dice avvocata, ministra e sindaca; basta rivolgere il nostro sguardo ai media di cui ogni giorno fruiamo per capire che la lingua è solo il sintomo di una problematica collettiva che risiede nella mentalità e che si manifesta in una retorica basata sulla colpevolizzazione delle vittime di stupri e femminicidi, o che distingue i criminali in base alla provenienza e alla nazionalità.

Eppure, come dice Franco Grillini, co-fondatore di Arcigay Nazionale, le cose stanno cambiando. C’è sempre più attenzione ai diritti civili di ogni tipo, specie riguardo i temi LGBT, e non lo dimostrano solo l'affluenza senza precedenti ai Gay Pride italiani verificatasi nel 2019, ma anche il linguaggio pubblicitario, sempre particolarmente attento alle tendenze in voga; allora perché il linguaggio dei media non cambia con noi?

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Il libro, destinato all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, vuole rispondere a questa domanda. Ricordare a chi produce i testi che ogni giorno leggiamo, su quotidiani e smartphone, dell’importanza delle parole. Che non sono “solo parole”, ma che, per quanto riguarda i media, le parole sono tanto importanti quanto il contenuto. Monica J. Romano, attivista transgender, racconta la storia esemplare di Emanuela di Cesare, donna transgender uccisa nel 2007, sottolineando che, quando i giornali hanno ricorso al maschile e al suo vecchio nome per parlare del suo omicidio, l’hanno uccisa due volte. Alla morte del corpo hanno unito la morte dell’identità che Emanuela aveva combattuto per ottenere.

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La legge sull’omotransfobia non è ancora realtà, ma Romano ricorda che la diffamazione, l’ingiuria e la calunnia sono già reati penalmente perseguibili e che chiamare qualcuno con un nome diverso da quello dei suoi documenti consiste nel commettere un reato. Le parole possono uccidere, le parole possono compiere reati. E continueranno a farlo finché non ne capiremo l’importanza.

Romano, ricordando l’inizio del suo processo di autodeterminazione iniziato ormai vent’anni fa, rievoca l’importanza di alcune figure per lei decisive, come Deborah Lambillotte, attivista belga che le ha dato le armi per affrontare un mondo non sempre inclusivo. Ma moltissimi giovani transgender e queer oggi non sanno dove reperire queste armi. C’è ancora moltissima disinformazione, non c’è univocità sulle parole da usare. Questa assenza di linguaggio, questa mancanza cronica al centro della nostra cultura, è il cuore del problema sociale più grave della nostra attualità: la discriminazione del diverso.

Sta ai media, detentori supremi del linguaggio del XXI secolo, non solo prendere atto del problema, ma anche sfruttare la loro pervasività per risolverlo, creando una cultura più inclusiva, per tutti. Ma sta anche a noi prendere coscienza del peso delle parole, informarci, leggere in modo critico i testi in cui siamo immersi; dobbiamo farlo per gli altri, e per noi stessi. Perché, come dice Grillini, «la libertà dei pochi è il nocciolo della libertà di tutti».

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