«Io faccio le stesse cose che facevo a otto anni»
11 9 2022
«Io faccio le stesse cose che facevo a otto anni»

Lo Sgargabonzi e la sua comicità

Alessandro Gori, in arte Lo Sgargabonzi, è comico e scrittore, creatore nel 2005 di un blog che da allora ha convogliato un discreto seguito grazie ai suoi contenuti di humour nero e assurdo. Il suo intervento a Festivaletteratura, all’interno della rassegna stand up/sit down, comprende un’ora di performance in cui Gori declama testi di sua invenzione, e una seconda parte in cui l’autore discute con Jacopo Cirillo sulle radici della sua comicità e i meccanismi che la muovono, oltre a esprimere i suoi gusti in fatto di giochi da tavolo, fumetti, film, serie TV e album musicali.

In piedi, solo sul palco, Gori getta addosso al suo pubblico una varietà di brevi pezzi, non collegati fra loro, accomunati però dall’uso deliberato ora del nonsense, ora del black humour, ora di giochi di parole. In questo modo, l’inizio di ogni storiella narrata imbocca poi direzioni non previste che ne torcono lo svolgimento, lasciando intravedere le molteplici possibilità narrative concretizzate e non concretizzate.

(caricamento...)

Si passa quindi da una rivisitazione della storia della rana e dello scorpione, accompagnate in questo frangente dal cavalluccio marino Antongiulio Collovati di Bellariva in veste di cronista, ad una poesia ipertrofica a proposito delle foglie, che ne riprende a sfinimento la metafora di caducità, facendo ciò che Hans Magnus Enzensberger descrive nell’incipit di Opzioni per un poeta: «Con parole diverse / dire la stessa cosa, / sempre la stessa». Un’altra storia, descritta con dovizia di particolari decisamente più macabri, che alla Notte degli Oscar Will Smith colpisca non Chris Rock, ma un ragazzo reso disabile dalla progeria, che ne viene disintegrato.

Nell’intervista, Cirillo esplora insieme a Gori le premesse del suo umorismo, legate all’incongruenza, al far collidere universi basati sulla realtà, ma che la deformano in modi stranianti e irrequieti. Sotteso alla scrittura di Gori è il tema del tempo che passa, del consumarsi delle persone care, della morte, che lui non vuole né sdrammatizzare come ritiene avvenga sui social media né accettare come un fatto naturale, ma al contrario drammatizzare restituendola nella sua repellenza. Bulimico di esperienze piacevoli per sua stessa ammissione, Gori svela un buon rapporto con il consumismo, rivendicando che mentre la vita scivola via, lo Stecco Ducale ha ancora oggi lo stesso sapore che aveva nelle formidabili estati degli anni Ottanta. Come sostiene in un'altra intervista, crede che «esprimere senza sconti la propria parte più atavica, cruda, scarnificata e per certi versi astratta sia un modo per ‘purificarsi’, per vivere raccontandosela il meno possibile».

(caricamento...)

Di seguito tre dei pezzi letti nel corso della serata: due brevi componimenti umoristici, VIVISEZIONE ed ELEONORA, recuperabili qui e un testo più lungo ed emozionale, LETTI, recuperabile qui.

Festivaletteratura