E l’Europa che o è unita, o non ha rilevanza
Wole Soyinka, nigeriano, premio Nobel per la letteratura nel 1986, e Romano Prodi, ora presidente del gruppo di lavoro Onu-Unione Africana, parlano di Africa, di guerre, di migranti e di come risolvere le emergenze politiche e umanitarie. Lo fanno ciascuno dal proprio punto di vista, immerso nella storia personale, ma cercano un dialogo che evidenzi una possibile soluzione comune ai temi affrontati.
Romano Prodi è un politico pragmatico e, snocciolando numeri, ci spiega che i fenomeni in atto, come quello dell’emergenza dei migranti, non si fermeranno, se non attraverso politiche condivise su scala globale: “La migrazione non cessa quando la gente diventa ricca. La migrazione cessa quando la gente inizia a sperare”. E se la guerra è un fenomeno che si può sperare limitato nel tempo, non lo è la fame. Le soluzioni per l’Africa possono emergere solo attraverso sforzi sia autonomi, che della comunità internazionale. Da un lato, infatti, dice l’ex presidente del consiglio, l’Africa ha risorse naturali e dinamico capitale umano. Ma se non cambia la propria struttura politica, non può diventare il motore del mondo. L’Unione Africana è importante perché può, in prospettiva, rappresentare l’Africa come un tutto unico, e non come un gruppo di 54 stati, ciascuno con strategie distinte. Dall’altro canto, l’Onu può intervenire per emergenze di ridotta dimensione, ma per tragedie complesse come quella siriana e quella libica, solo se i grandi del mondo si mettono d’accordo si può trovare una soluzione. Solo se Stati Uniti, Russia, Cina e Unione Europea trovano una strada condivisa si possono risolvere questi drammi umanitari e politici. Perché non basta uccidere un dittatore per portare democrazia.
Prodi e Soyinka concordano nell’individuare il limite dell’azione dell’Unione Europea nella totale mancanza di una politica internazionale comune, in particolare rivolta all’Africa. Prodi ricorda come l’Unione Europea avesse promesso di guardare a sud, dopo l’espansione a est, ma sia venuta meno agli impegni presi. Soyinka, invece, rilancia dicendo che anche azioni unilaterali possono essere efficaci, come quella francese in Mali, che ha fermato l’avanzata di Boko Haram, permettendo ai Paesi africani contigui al Mali, fra cui la sua stessa Nigeria, di avere il tempo per organizzare una strategia di reazione. E poi il romanziere fa appunti di buon senso, evidenziando come l’Italia sia stata lasciata da sola ad affrontare l’emergenza dei migranti, e il fatto che sarebbe stato meglio affrontare il problema finché i migranti erano vivi e non morti in mare. “La storia della schiavitù deve continuare a tormentare l’uomo”, perché è solo conoscendo il passato che si evita di ripetere gli stessi errori. E in fondo è giusto che l’Europa aiuti gli africani, considerando quanto ha spogliato l’Africa di beni e risorse durante il colonialismo. La Cina, peraltro, è un esempio importante per l’Unione Europea, essendo l’unica potenza che conduce una politica estera con l’Africa tutta, avendo rapporti con 51 dei suoi Stati.
Una presa di coscienza non può essere rimandata: il flusso di migranti durerà ai livelli attuali per altri 20 anni, sostiene il Pentagono. E se l’Europa non sarà unita, in breve perderà ogni capacità di influire sui processi globali.