L'amore per la lingua e una lingua per l'amore
8 9 2019
L'amore per la lingua e una lingua per l'amore

La forza delle parole: le riflessioni di Colagrande e Bravi

La nutrita squadra dei narratori italiani comprende nuove voci e frequentatori assidui di Festivaletteratura: i loro racconti ci toccano come individui e collettività.


Le lingue ci rendono quello che siamo. Lo sanno bene Adrián Bravi, autore di L’idioma di Casilda Moreira e Paolo Colagrande, autore di La vita dispari, che mettono in scena il potere della lingua nei loro romanzi.

Bravi ci racconta che L’idioma di Casilda Moreira nasce da un vuoto culturale: è la storia del viaggio nelle lande sconfinate della Pampa argentina di un giovane etnolinguista alla scoperta di un’antica lingua che si credeva scomparsa, il günün a künä.

(caricamento...)

«Quando muore una lingua muore anche una cultura, un punto di vista sul mondo. È la morte di un intero universo». Per questo motivo il protagonista Annibale cerca di far dialogare gli ultimi due custodi della lingua, Bartolo e Casilda, che non si rivolgono la parola da tanti anni per via di una lite amorosa che hanno avuto da giovani. L’espediente letterario dell’incomunicabilità tra i due anziani ci fa riflettere su come il piano linguistico ed il piano affettivo non siano scindibili: «Ci creiamo un’intimità in una lingua, dove vi si impregnano i ricordi. I protagonisti si sono amati, hanno ammirato le stelle in quella lingua. Ci leghiamo all’altro attraverso un’intimità linguistica. Finito l’innamoramento anche la lingua non può più essere utilizzata».

Una storia di incomunicabilità è anche quella di Colagrande, che narra le vicende di un uomo che vive solo a metà, alla continua ricerca della parte mancante delle cose. Buttarelli non comprende la grammatica del contesto. Il romanzo, che inizialmente doveva intitolarsi Babele, è un encomio a balbuzie ed incomprensioni: «Se tutti parlassimo la stessa lingua, fossimo chiari e pensassimo le stesse cose non avremmo più nulla da dirci, vi è nell’incomunicabilità un senso artistico»; anche per questo motivo la scelta di un sistema narrativo balbuziente, come forma di diserzione contro un qualunque canone convenzionale che inaridisca la produzione artistica.

(caricamento...)

Colagrande riflette anche su come le parole ci ingannino, di come abbiamo l’illusione di possedere qualcosa nominandola. Sentiamo l’urgenza di dare a tutti i costi il nome a qualcosa che non lo richiede, come quando tutti cercano di dare una denominazione scientifica al difetto di percezione di Buttarelli, non riuscendoci.

«Nel momento in cui il nome esce però è come se battesse come un martello sopra la superficie del reale e attraverso questa operazione sbalzasse una forma vera e compiuta da una lastra di vetro: così nasce una lingua. Non si può inventare una storia e poi appiopparle una lingua».

(caricamento...)

Citando Benjamin «L’uomo comunica la propria essenza spirituale nella sua lingua. Ma la lingua dell’uomo parla in parole: l’essenza linguistica dell’uomo è quindi di nominare le cose».


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 6 “Enrico detto Erri” - Evento 23 “I personaggi della Buona Novella” - Evento 34 “Fede” - Evento 40 “L'umanità come il vento, non si chiude in una scatola” - Accenti giovedì 5 ore 17:00 “Lo scrittore vacante” - Giovedì 5 ore 19:00 “Per un museo della lingua italiana: la moda” - Evento 59 “La difficile arte della commedia” - Evento 82 “Uno tanti insieme diversi” - Evento 97 “Tramandare la storia può salvare il mondo” - Evento 102 “L’amore è per sempre” - Evento 117 “Mi chiamo Alex Zanardi e sono un pilota” - Evento 123 “Voci dal Novecento” - Evento 130 “Identità e memoria” - Evento 147 “La mia terra canta” - Evento 184 “Una lingua per ogni emozione” - Evento 185 “Ci sarebbe poco da ridere” - Accenti domenica 8 ore 15.00 “Le montagne di Fosco” - Evento 214 “In viaggio” - Evento 225 “Mi piace la parola libertà”.

Festivaletteratura