L'arte del cucire raccontando
12 9 2015
L'arte del cucire raccontando

Intrecci di storie e stoffa

Il quilt di Tracy Chevalier

Tracy Chevalier torna a Festivaletteratura dopo dodici anni e stende davanti ai suoi lettori due variopinte coperte di patchwork. Parlando del suo ultimo libro pubblicato, L'ultima fuggitiva, apre nella presentazione con Chicca Gagliardo il percorso legato all'arte della tessitura, manuale e narrativa, che srotolerà il suo filo in queste giornate mantovane.

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Nel romanzo due sorelle lasciano l'Inghilterra alla volta dell'America a metà del Diciannovesimo secolo in cerca di una vita migliore, vivendo contemporaneamente la sofferenza del distacco e la rinascita nel Nuovo Mondo. Porteranno con loro i quilt, colorate coperte pesanti, composte da numerosi strati di stoffe diverse, a cui lavoreranno con cura, per mantenere il contatto con l'Inghilterra raffinata e repressa e avvicinarsi all'America colorata e un po' volgare.

Raccontando il suo lavoro di patchwork, la cucitura delle sue narrazioni, storie sempre ambientate nel passato e scritte a mano in un disordinato studio pieno di ricordi delle sue ricerche storiche, stesa su una comoda chaise longue, Tracy Chevalier ha lasciato il pubblico con la promessa di scrivere una storia ambientata in Italia, prima o poi. Nel 2016 uscirà un suo nuovo romanzo.

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Chevalier è stata poi presente al laboratorio di patchwork insieme a Anna Maria Turchi, che unisce questa antica arte del riciclo alla lettura di alcuni brani di racconti.

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La camicia dei campioni

Craveia racconta il patchwork spontaneo dei campionari industriali

Prosegue il ciclo di laboratori sul patchwork di Anna Maria Turchi La coperta degli affetti.

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Nel secondo appuntamento Danilo Craveia, specializzato nella catalogazione e nel riordino di fondi industriali, in particolare tessili, racconta ai partecipanti del workshop, attenti sulle loro dita e con le sopracciglia aggrottate per infilare il filo in una cruna piccolissima, la campionatura industriale del Lanificio Fratelli Zignone a Biella.

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Srotola nella sala un lungo tessuto, composto dalla somma di tantissimi quadrati di lana dai colori impercettibilmente diversi: è la campionatura della fabbrica, all'interno della quale i disegnatori sceglievano, durante la prima metà del XX secolo, soltanto alcune tonalità.

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Le macchine creavano così un patchwork spontaneo che i biellesi, secondo la loro natura, non potevano mandare sprecato. Pezzi della campionatura venivano riusati dai lavoratori per cucire la camicia dei campioni, indumento da lavoro che veniva tramandato attraverso le generazioni e portato fin nel Nuovo Mondo, in occasione delle emigrazioni. Quando anche la camicia faceva il proprio tempo, veniva ripiegata più volte per formare le suole degli scarpìn.

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Senza sprecare nulla, la camicia dei campioni diventa una coperta degli affetti, campagna delle faticose vite dei lavoratori piemontesi.

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Cucendo tramandiamo le nostre storie

Annalisa Strada racconta le storie orali che si tramandano con l’ago in mano

La coperta degli affetti è giunta all’ultimo laboratorio di patchwork, ormai la pila di esagoni è quasi finita e sono rimasti pochi tubetti di colla, gli altri sono andati inspiegabilmente persi. Annalisa Strada racconta le sue storie nella sala dall’altissimo soffitto a volta. È un’insegnante e scrittrice di libri per bambini e ragazzi, i suoi racconti sono dolci, il suono della voce ricorda le cassette di fiabe che si ascoltavano da bambini prima di addormentarsi. Le storie non sono però tutte zuccherose.

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Racconta la storia di un sopravvissuto all’eccidio di S. Anna di Stazzema, la storia di un soldato tedesco che, commosso davanti all’umanità delle sue vittime, le fa scappare, sparando a raffica con la mitragliatrice in aria per confondere i suoi compagni, predatori di altre bestie braccate a pochi metri da lui.

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Annalisa Strada racconta però anche di patchwork, parla di una credenza composta dalla legna delle cassette della frutta, oggetto unico conservato da un’infermiera la cui madre per necessità ammobiliò la sua stanza spoglia con quello che aveva. Parla della prima bandiera della pace, non dai colori vivaci e arcobaleno che siamo abituati a vedere, ma un mosaico di stoffe donate, su ogni pezzo il nome della famiglia partigiana che volle attaccare parte di sé per un bene comune.

Le storie di Annalisa sono quelle di una donna che, con non poche difficoltà manuali, ha unito insieme i maglioni del nonno e la lana avanzata della nonna per formare una strana sciarpa irregolare, stretta al centro, storta da una parte, dall’accostamento cromatico dubbio, ma dal calore affettivo bruciante.

Tra una storia e l’altra ai tavoli si sentono chiacchiere fra persone che si sono appena conosciute, cuciono e raccontano di loro, dei figli, di quello che fanno. E senza saperlo mettono in atto il filo conduttore del percorso della tessitura di Festivaletteratura iniziato venerdì con Tracy Chevalier e conclusosi domenica fra i tavoli dei partecipanti al workshop. La continuità di storie tramandate oralmente, cucendo con le mani una coperta e con le parole una storia.

Festivaletteratura