L’“arte del dubitare” di Juan Gabriel Vasquez
10 9 2016
L’“arte del dubitare” di Juan Gabriel Vasquez

Cosa si cela dietro un romanzo storico?

Adesso abbiamo la conferma. Juan Gabriel Vasquez è davvero una delle voci più originali del Sudamerica. Se Mario Vargas Llosa lo aveva definito «elegante e sagace» e Jonathan Franzen come colui «che sta reinventando la letteratura latinoamericana», Festivaletteratura è riuscito, grazie al dialogo con Gabriele Romagnoli, a scoprire cosa si cela dietro la sua brillante scrittura.

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“La forma delle rovine” sembra affiancarsi ai romanzi storici di James Ellroy: da “American Tabloid”, che indaga gli Stati Uniti di Kennedy ed Hoover, a “Perfidia”, che si avvicina ai nostri giorni. Ed è proprio da Kennedy che Vasquez collega gli omicidi di Jorge Eliecer Gaitan, la cui morte sconvolge la Colombia, e quello di John F. Kennedy.

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Ma c’è di più. L’autore colombiano appassiona per altro: l’arte del dubitare. Tra chi accetta le teorie ufficiali e chi quelle del complotto, Vasquez si pone tra le persone che cercano di capire. «Qualunque scrittore deve iniziare a scrivere un libro con la consapevolezza dell’ignoranza. Questo romanzo nasce da una serie di circostanze molto fortuite».

Dietro a queste circostanze, però, c’è altro. C’è la curiosità, «quella che – spiega Juan Gabriel Vasquez – mi spinge a conoscere le vite delle persone tormentate, tutto ciò che accade dietro le tende della loro quotidianità».

Non è un miraggio, dunque, capire le vite degli altri?

Questa domanda è il cuore delle motivazioni di chi scrive. L’autore colombiano risponde così: «Lo sforzo sta nel capire il passato della storia che ci precede. Il romanzo è uno dei modi migliori per esplorare queste zone oscure, i misteri della nostra esperienza. Senza questo sforzo non credo ci sarebbe nulla di interessante in un libro».

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Pensato nel 2005, iniziato nel 2011, soltanto a Settembre del 2015 “La forma delle rovine” esce in libreria. Come si svolge il lavoro di stesura di un romanzo di Juan Gabriel Vasquez? «Il lavoro primario di chi racconta storie è quello di mettere ordine al caos dei pensieri, degli appunti e delle informazioni. Io non so mai dove andrà a finire il mio romanzo. Per questo ci metto così tanto nel scriverlo».

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