La cura della nostra casa comune
8 9 2021
La cura della nostra casa comune

Gaël Giraud racconta il nuovo linguaggio della fraternità nei confronti del pianeta

«La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale». Con queste parole Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’ assumeva una posizione decisa nel dibattitto intorno al tema ambientale, invitando tutti a prendere realmente coscienza del problema climatico, che tocca in maniera profonda anche molti altri aspetti della nostra società.

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Fra coloro che hanno accolto il messaggio del pontefice vi è anche Gaël Giraud; il gesuita ed economista francese non a caso ha raccontato più volte di aver «preso coscienza della questione ecologica quando ero volontario in Ciad, vent’anni fa».

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Su queste premesse si è svolto l’incontro di oggi pomeriggio a palazzo san Sebastiano assieme a Emanuele Felice. Muovendo dalle critiche che Giraud fa nel suo ultimo libro Un’economia indisciplinata al neo-liberalismo e al post-liberalismo – modelli economici che a partire dagli anni Settanta si sono imposti assieme alla globalizzazione come motori trainanti del mondo – il dialogo è stata l’occasione per analizzare ancor più nel dettaglio le criticità che questi sistemi hanno in sé, alla luce anche della pandemia globale attualmente in corso.

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Sebbene in linea di principio il sistema neo-liberale fosse visto come prosecuzione del liberalismo illuminista, in realtà esso ne ha tradito i principi fondativi, ovvero quelli appartenenti al periodo illuminista, sostiene il gesuita francese. Libertà, fraternità e uguaglianza hanno finito per produrre un sistema che ha visto nei mercati finanziari le nuove divinità cui far riferimento. La finanza, sostiene sempre Giraud, è diventata una sorta di Dio pagano capace di imporre le proprie politiche ai vari paesi. Nel complesso si è quindi originata una società individualista, assolutamente competitiva e pragmatica, che si è alimentata per decenni su uno sfruttamento indiscriminato del globo, come se il concetto di proprietà privata applicato al pianeta Terra avesse autorizzato l’uomo a un uso privilegiato ed esclusivo delle risorse naturali. Al contrario, però, il sistema ha finito per generare profonde disuguaglianze fra i vari paesi del mondo.

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La messa in discussione del sistema economico attuale corre dunque su un binario parallelo a quello della tematica ambientale. La conclusione a cui giungono i due ospiti, perciò, è che i mercati finanziari non sono in grado di offrire risposte adeguate ai cambiamenti del mondo contemporaneo, né possono svolgere un ruolo guida nel percorso di transizione ecologica, tema che deve essere posto in cima all’agenda politica ed economica attuale. Giraud e Felice concordano pertanto nella necessità di ripensare la relazione tra economia, mondo fisico, clima e società civile.

Animati o meno dalla fede infatti, tutti abitiamo la stessa casa; per arrivare quindi a quella che Giraud definisce «Modernità 2.0», l’invito, richiamandosi nuovamente al messaggio papale, è quello di tornare a «parlare il linguaggio della fraternità nei confronti della natura». Per farlo, è opportuno non piegare la natura ad un modello economico, mantenendo quindi un atteggiamento usurpatore, bensì ripensare l’economia alla luce delle sfide che il mondo attuale impone alla società.

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Per riformare l’assetto economico-politico-sociale occorre pertanto promuovere il bene comune e rimettere al centro la collettività. Queste, sottolinea Giraud, sono le uniche soluzioni per «dimostrare un’attuazione concreta della fratellanza cristiana». Una fratellanza che può emergere di nuovo come valore centrale della società solo se coordinata da un’azione globale più umana, più attenta alle persone e che sposti progressivamente la sua attenzione da modelli finanziari astratti verso un’economia più inclusiva, democratica e vicina alla realtà, che restituisca a ciascuno di noi la sensazione di sentirsi intimamente uniti al pianeta.

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