Identità, confini e conflitto nel dialogo fra Federica Manzon, Antonio Franchini e Massimo Cirri
Ogni famiglia è una costellazione, un meccanismo reticolato in costante movimento ed espansione. Lo sanno bene Federica Manzon e Antonio Franchini che hanno preso questa materia totalmente imprevedibile e l’hanno messa al centro dei loro romanzi. I punti di contatto fra Alma (Feltrinelli, 2024) e Il fuoco che ti porti dentro (Marsilio, 2024) non si limitano però a questo: in entrambe le opere, finaliste al Premio Campiello 2024, identità, conflitto e geografia giocano un ruolo centrale.
«Sarei stato un perfetto triestino ma sono nato a Napoli» afferma Franchini in apertura. Una Napoli porosa come il tufo la sua che inevitabilmente modella Angela, protagonista, madre dell’autore ed emblema di quell’Italia profonda, diffidente nei confronti di chiunque e con opinioni preconcette su tutto. «Non amava gli inglesi, tedeschi e francesi, li odiava istintivamente pur non avendo mai conosciuto un inglese, un tedesco e un francese. Li odiava in quanto rappresentanti delle antiche democrazie, del potere. […] Questa è un’idea che hanno tante persone in questa nazione, non solo lei. A me interessava raccontare questa fenomenologia. Lei alla fine trovava simpatici i russi e i cinesi; quindi, praticamente tutto ciò che non era democrazia andava abbastanza bene». Angela, cresciuta all’ombra di un padre morto troppo presto e di una madre «lucidamente cattiva», morta troppo tardi, odia anche il Nord usurpatore ed è divorata da un complesso di inferiorità che la renderà amara e indigesta a chi le starà vicino. È raro in letteratura che un figlio parli con tanta brutalità della propria madre ma per Franchini il suo è un atto d’amore nei confronti di una donna teatrale, eccessiva e viscerale.
La diffidenza vero l’altro e il diverso è anche l’ingrediente che avvicina Napoli a Trieste, "la città perdibile" ma anche città-membrana attraversata dalla storia, luogo di radicamenti e sradicamenti. Lo stereotipo la vuole crogiolo di culture diverse ma «non è così» ricorda Manzon che prosegue: «I Triestini litigano per qualsiasi cosa, hanno una doppia anima rivendicata e negata. Al contempo l’Italia la pensa come si pensa ad una stanza di casa poco utilizzata». Trieste è un sismografo che registra anzitempo ciò che succederà da lì a breve nel resto d’Europa. È qui che nasce e cresce Alma, protagonista del romanzo, all’incrocio fra eredità asburgica e blocchi non allineati, fra presente e passato. Il padre di Alma entra ed esce dalla sua vita e dalla sua quotidianità rendendosi una figura inaccessibile e misteriosa. La madre invece è una donna divisa fra il suo lavoro nella "Città dei Matti" di Franco Basaglia e l’attesa, costantemente frustrata, del ritorno a casa del marito. L’arrivo di Vili, figlio di dissidenti del regime titino, da “di là” romperà il già fragile equilibrio della famiglia e cambierà per sempre il corso della vita di Alma.
Alma e Il fuoco che ti porti dentro, due romanzi lontanissimi nello spazio e nello stile accomunati dalla demolizione dello stereotipo del genitore come protezione e della famiglia come unità perfetta. Genitori che fanno tutto meno che accudire o accompagnare perché sono i primi che non sanno come navigare nella marea ciò che gli accade: «Al padre di Alma», afferma Franchini, «la Storia sfilerà di mano un’utopia mentre Angela è la vittoria dell’efferatezza contro ogni forma di utopia».
La famiglia è il primo terreno di scontro in cui si confrontano caratteri, vizi e orizzonti. «Se dovessi descrivere la famiglia citerei mia figlia Giulia che una volta mi disse “la famiglia è bella ma non ci vivrei”», dichiara Massimo Cirri nell’ilarità generale. E forse è proprio questo il segreto per sopravvivere alla famiglia: trovare la giusta distanza o addirittura andarsene per un po’ (come farà Alma) per accorgersi davvero di chi si è.
L'intervista di Federica Manzon con la redazione di Festivaletteratura