La forma della nostalgia
11 9 2015
La forma della nostalgia

Judith Schalansky presenta l’Atlante delle isole remote

Judith Schalansky è una scrittrice. Anzi no, Judith Schalansky è un’artista tedesca. Scusate, Judith Schalansky è una graphic designer tedesca, classe 1980. Ricominciamo. Judith Schalansky è l’autrice di un libro unico nel suo genere: l’Atlante delle Isole Remote con il quale nel 2012 ha vinto il Premio Stiftung per il libro tedesco più bello dell’anno e il Premio per il design della Repubblica Federale di Germania e di cui ha curato personalmente design e illustrazioni.

L’autrice ha incontrato il pubblico di Festivaletteratura e il giornalista Stefano Salis per presentare il suo lavoro: l’atlante, che anche in Italia ha ottenuto un grande successo, e un meno conosciuto romanzo illustrato, Lo splendore casuale delle meduse. Entrambi sono libri in cui la forma e il contenuto si sposano alla perfezione, così come abilità letteraria e talento grafico si uniscono in Judith. Lavorando in uno studio di grafica, racconta l’autrice, non si è mai rassegnata al fatto che l’ideazione del design di una pubblicazione giungesse solo alla fine del processo creativo e per questo, dopo aver pubblicato un‘opera di design tipografico dedicata alla scrittura gotica (Fraktur Mon Amour, 2008) e aver scritto un romanzo con protagonisti dei marinai (Blau steht dir nicht, 2008), ha iniziato la sua ricerca per realizzare libri del tutto nuovi, preoccupandosi contemporaneamente del contenuto e della forma.

Il risultato è, nel caso de Lo splendore casuale delle meduse, un raffinato romanzo in cui la biologia illustrata si fa alleata della narrazione e nel caso dell’Atlante delle isole remote un sorprendente “libro della nostalgia”, come l’hanno definito alcuni critici tedesci, a metà fra un atlante cartografico del Settecento e Le città invisibili di Calvino. Un libro di avventura realizzato senza andare da nessuna parte: il sottotitolo, infatti, recita Cinquanta isole in cui non sono mai stata e mai andrò; un libro di colonizzazione (“Ma senza violenza!” precisa l’autrice) che raggiunge isole così piccole e lontane che nemmeno Google Earth riesce a mappare. L’idea è nata nella Biblioteca di Stato di Berlino, di fronte a un mappamondo e alla desolazione dell’Isola di Pasqua nell’oceano, ma soprattutto davanti alla necessità di trovare la propria isola, il proprio luogo paradisiaco. Judith seleziona le isole (uno dei criteri è che debbano essere tutte più piccole dell’isola di Pasqua, il suo punto di partenza), le mappa, le disegna e ne racconta la storia. Ma le storie che trova sono tutt’altro che paradisiache, sono storie di naufragi, cannibalismo, scorbuto: le isole, infatti, sono il luogo perfetto per un’utopia destinata a fallire. La Schalansky, cresciuta nella Germania dell’Est, trova rassicurante il fatto che esistano dei luoghi in cui semplicemente non si possa andare, luoghi irraggiungibili, reali eppure inesperibili. Case mai vissute per cui proviamo nostalgia, quella nostalgia inspiegabile per qualcosa che sentiamo di conoscere ma non abbiamo mai afferrato, come quando a casa dei nonni troviamo dei vecchi giochi dei nostri genitori e ci chiediamo come saranno stati bambini. Quella nostalgia che è una piccola fitta sotto lo sterno, la stessa che si prova tuffandosi nell’azzurro dell’Atlante delle Isole Remote.

Festivaletteratura