La macchina da scrivere, tra tradizione e innovazione
12 9 2021
La macchina da scrivere, tra tradizione e innovazione

Chiara Alessi svela la nascita di questo oggetto innovativo

Da oggi scrivere un testo come questo prenderà un altro significato per chi ha avuto l’opportunità di ascoltare il contributo fornito da Chiara Alessi, critica esperta di design, docente al Politecnico di Milano e autrice di Tante care cose (Longanesi, 2021), che ha tenuto una Lavagna sulla macchina da scrivere alla Rotonda di San Lorenzo.

Con la passione che si ha per le cose importanti, ci ha raccontato come è nata la macchina da scrivere, a partire dall’invenzione del “cembalo scrivano” per mano di Giuseppe Ravizza, che lo brevettò nel 1855 per poi presentarlo all’Esposizione Industriale di Torino l’anno successivo. Negli stessi anni negli USA Remington iniziava la sua avventura di produzione di macchine da scrivere oltre oceano, sulle quali venivano applicati i principi fondanti dell’invenzione di Ravizza.

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Sarà Camillo Olivetti, in una circolarità di concause ed eventi di ritorno dagli USA, a riportare in Italia l’innovazione fondando a Ivrea l’azienda che porterà il suo nome e iniziando dal 1908 la produzione in Italia della prima macchina da scrivere con il modello, da lui interamente progettato, Olivetti M1.

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Dai racconti di Alessi emergono le difficoltà che Camillo, come lei ama chiamarlo, deve affrontare per fare accettare alla cultura italiana dell’epoca la sua innovazione nelle tecniche dello scrivere. Mentre negli Stati Uniti un intellettuale del calibro di Mark Twain si fece testimonial dell’innovazione, dichiarando di aver scritto Le avventure di Tom Sawyer interamente con una Remington (ed era il 1874), sarà compito della famiglia Olivetti far accogliere dalla cultura italiana la meccanizzazione dell’atto della scrittura.

È del 1912 il manifesto pubblicitario firmato dall’artista Teodoro Wolf Ferrari che raffigura Dante alle prese con la M1, nell’intento di coniugare la tradizione con l’innovazione.

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Con l’ingresso del figlio di Camillo, Adriano, la casa di Ivrea affermerà la sua natura di azienda chiamata al compito di apportare non solo innovazione tecnologica ma anche culturale, con la prima macchina da scrivere portatile M20 e la prima macchina semi-standard Studio 42 destinata alle famiglie. I manifesti pubblicitari con cui nel 1938 fu lanciata la Studio 42 (la prima macchina da scrivere semi-automatica), sono rimasti celebri: nati grazie all’apporto di Leonardo Sinisgalli e ai disegni di Costantino Nivola e di Giovanni Pintori (un collettivo che Alessi non ha dubbi a definire un dream team) i manifesti rappresentano una rosa nel calamaio, mentre il pennino giace inutilizzato al lato, a significare che la poesia e la creatività sono ancora possibili anche se la scrittura meccanica sostituirà quella manuale.

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La macchina da scrivere troverà sempre più spazio nell’uso e nell’immaginario italiani, imprimendosi nella memoria collettiva con modelli iconici come la Lettera 43 e la Valentine, immortalata tra le mani di Brigitte Bardot in uscita da un hotel romano nel 1969, a conferma delle intuizioni di Camillo e della capacità di Adriano di accompagnare la sua ascesa nella società.

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