La solidarietà nella psicoanalisi
13 9 2015
La solidarietà nella psicoanalisi

​Confronto tra Rodotà e Zoja sul tema dell'impatto delle tecnologie sulla solidarietà.

“Dio è morto” e insieme a lui muore anche il prossimo. Luigi Zoja, psicoanalista italiano convinto che la psicoanalisi debba consistere ancora oggi “in una seduta fatta di persone” concrete e vicine, attribuisce la causa del titolo della sua opera La morte del prossimo a due elementi: l’anonimato della società di massa e l’invasione della tecnologia. Ci ritroviamo, infatti, vittime di una falsificazione dei rapporti umani che contribuisce a dileguare l’empatia e, con essa, il senso di colpa.

A fianco, Stefano Rodotà, scrittore del libro Solidarietà. Una utopia necessaria, esordisce affermando con forza che la solidarietà (quella vera, genuina) deve essere inserita in un contesto preciso per essere tale. Essa implica sia la consapevolezza dell’altro sia la consapevolezza comune, ossia delle istituzioni che si fanno promotrici di solidarietà. Se non concorrono questi fattori, il tutto si traduce in umanità ipocrita, vuota, che serve a “coprire quello che non deve essere coperto”. Un dovere inderogabile, secondo la nostra Costituzione, ma che non attrae le logiche del profitto con cui la società ragiona. “Se c’è una cosa che la società europea ha rifiutato in questi anni, questa è la solidarietà!”.

Dal punto di vista della psicoanalisi, l’uomo-animale tende sempre più a riconoscere l’altro come appartenente ad un’altra specie. “Noi ci salutiamo, ma non ci annusiamo! Ci riconosciamo solo con la vista, non più con l’olfatto o con l’udito”, dice Zoja, riferendosi chiaramente alla vicenda delle migrazioni. Uno stordimento generale, la follia della psiche. Abbiamo bisogno della foto di un singolo bambino per provare fratellanza, perché come disse Stalin “uccidere un uomo è omicidio, ucciderne cento è una statistica”.

Festivaletteratura