La storia ha bisogno di entusiasmo
10 9 2020
La storia ha bisogno di entusiasmo

Ricerca e divulgazione, un antidoto ai nostri tempi

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“Storia” è la parola dalla quale iniziare. Non è scontata né facile da spiegare, né evidente nel suo senso generale. Perché la storia non è fatta soltanto di date: se fosse solo questo, il lavoro degli storici, di Alessandro Barbero e Alessandro Vanoli, sarebbe presto finito. La storia parte dal dubbio, da un atteggiamento che dobbiamo sempre avere nei confronti del passato e delle fonti. La sfida di ricostruire il passato diventa quindi eccitante, complicata e per questo ricca di sfide.

Erodoto, Tucidide, i primi che si sono interessati di storia, ne parlavano nelle sue forme più grandi, parlavano di battaglie, delle imprese dei personaggi importanti. Oggi invece sappiamo che esistono le vite di tutti, e che tutte insieme costruiscono la “storia”. Come vedranno gli storici del futuro, per esempio, la pandemia? Ci sarà chi si soffermerà sui metodi decisionali, su come i governi hanno tentato di gestirla. Ma la visione completa si avrà studiando la reazione che hanno avuto i bambini che non sono potuti uscire di casa per due mesi. Ed è questa ricerca che forse interessa di più, riferita al passato. Generalmente parliamo di una disaffezione per la storia, di una ignoranza sempre più vasta della percezione storica. Ma contemporaneamente assistiamo ad una richiesta sempre più forte di approfondimenti per questi argomenti.

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Forse la colpa è della didattica? Di anni passati a studiare racconti di “storia patria” nel tentativo di formare un sentimento unitario negli italiani? Era solo un pezzo della nostra storia ma aveva il compito di garantire un senso di appartenenza ad una comunità e ad un destino comune che non c’era. Ora questo uso della storia non c’è più e forse si è formato un vuoto. Un vuoto fatto di fake news storiche, di gravi lacune sulle storie nazionali diverse dalla nostra, dal mancato approfondimento dei problemi degli eventi accaduti negli ultimi cento anni. Tutto questo può essere annullato solo con l’entusiasmo. Con la voglia di incrociare, confrontare, ragionare sui dati disponibili. E con la nuova passione per la divulgazione che, senza dimenticare il lavoro fatto da tutta la comunità scientifica permette a chi ne ha le capacità di arrivare a tutti.

Soltanto trenta anni fa non esistevano festival che permettevano di parlare alla gente. Ora ne abbiamo molti, e tutti sempre pieni. In questo continuiamo a migliorare. Rimane il lavoro, il metodo duro e continuo di ricerca che sempre varia e si modifica. E poi la divulgazione, per chi ne ha il carisma, che va incontro ad esigenze, domande e richieste nuove degli appassionati e della gente comune. Cercando di dare un senso a tutto questo. Perché parlare di storia è parlare di noi, parlare delle nostre radici. In fondo siamo fatti così, un albero con radici lunghe, profonde e intrecciatissime.

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