La voce di Fortini assomiglia alla sua poesia
13 9 2020
La voce di Fortini assomiglia alla sua poesia

"I Chiusi inchiostri", presentazione della raccolta di saggi sull'opera di Fortini

L’incontro ha inizio, le luci in sala si spengono, a ogni spettatore è stato consegnato un foglio con quattro poesie di Franco Fortini, che risuonano nel chiostro del Museo Diocesano grazie a una registrazione della voce stessa del poeta. «La voce di Fortini assomiglia alla sua poesia», commenta Massimo Raffaeli, e sottolinea alcuni tratti caratteristici dei suoi testi, che i saggi del filologo Pier Vincenzo Mengaldo hanno sapientemente messo in luce: il controllo assoluto della metrica, la scelta di un segno ricco, mai vibrante o smarginato.

(caricamento...)

Fortini ha ragionato sulla forma come forse nessun altro tra i poeti della seconda metà del Novecento. È un poeta rivoluzionario, dallo stile superbamente classico: il rapporto tra stile e contenuto nei suoi testi non è di identità, ma di tensione. Già nel 1974 Mengaldo aveva curato l’edizione Mondadori dei suoi testi, mutando lo sguardo dei lettori sulle sue opere, che erano viste inizialmente come le poesie di un saggista. Lo segnalò per l’incarico Maria Corti, allora amica di entrambi.

(caricamento...)

Nel 2020 il filologo raccoglie nel volume I chiusi inchiostri i frutti dei suoi lunghi studi su Fortini: sedici saggi in cui con la sua sensibilità critica analizza l’opera poetica dell'autore, senza trascurare la sua brillante attività di traduttore. Franco Fortini amava una poesia vestita da poesia, che fosse riconoscibile nel suo statuto di testo poetico. E se la tensione è la cifra stilistica di Fortini, lo stesso si può ben dire del metodo critico di Mengaldo che alterna l’analisi puntuale della forma con continui punti di fuga che implicano anche la dimensione ideologica e politica. Fortini era d’altronde un intellettuale non accademico, che aveva iniziato a lavorare alla Olivetti, si era formato con linguaggio pubblicitario e aveva poi insegnato negli istituti tecnici. Aveva esaltato la funzione transitiva della poesia e della letteratura, che non è una cosa autosufficiente e deve essere comunicata. Benché non sia il suo poeta d’elezione, quello scrittore che quando apri il libro ti mette in una «crisi positiva», ammette infine Mengaldo (lo è piuttosto Leopardi o Sereni), sentire le sue poesie direttamente dalla sua voce è commovente.

Festivaletteratura