Lasciarsi diventare dialogo
10 9 2021
Lasciarsi diventare dialogo

Lella Costa intervista l’intervistatore Luciano Minerva

Luciano Minerva è stato per anni il ponte tra Festivaletteratura e la RAI, portando nelle case degli italiani scrittori e intellettuali. Dopo pluriennali interviste, nella giornata di venerdì 10 settembre Lella Costa lo intervista nella prestigiosa cornice dell’Aula Magna dell’Università di Mantova, dando vita a un gioco ironico e nostalgico, in cui le domande sono balzate da un relatore all’altro impedendo agli spettatori di comprendere chi fa le domande e chi risponde. Luciano Minerva svela i dietro le quinte delle sue interviste, rimaste per anni negli archivi di Teche RAI, poi rese fruibili e oggi conservate nell'Archivio di Festivaletteratura.

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Luciano Minerva iniziò a leggere assiduamente a 51 anni, scoprì tardi la lettura. Per anni ha lavorato come giornalista sportivo, dove si è cimentato soprattutto nelle interviste. Questo gli ha permesso di sviluppare una capacità di costruire domande mai banali, ponendosi sempre l’obiettivo di non semplificare le vite degli sportivi, spesso visti come persone di poche parole. Emblematico nelle sue memorie il dialogo con Tacconi che, infastidito dai giornalisti, replica: «Le risposte che i calciatori danno sono stupide perché le domande che ci fanno lo sono».

L’eredità che maggiormente Minerva ha portato dal mondo sportivo nelle interviste letterarie è l’importanza di raccontare storie. Senza storie non vi è intervista e l’impresa sportiva rimane solo un numero su un tabellone senza la sua anima. Ma per tirare fuori queste storie è necessaria una buona dose di domande e l’ultimo libro di Minerva, Un filo di Voci, ne contiene di variegate, costellate di emozioni, carne, sangue e soprattutto tante voci.

Ma, Minerva come approdò alla letteratura?

Nel 1996 Marino Bartoletti, direttore di Rai Sport, gli assegnò il compito di intervistare Tabárez, inviandolo a Montevideo per avere l’esclusiva del suo passaggio al Milan come allenatore. Luciano Minerva ottenne il via libera per telefono, ma, una volta arrivato in loco, e chiamata casa Tabárez, gli viene negata l’intervista. Per sbollire la rabbia, andò in libreria, alla ricerca di notizie sul calcio locale per poter ugualmente poter tornare a casa con un servizio. Tra i titoli si imbatté nel fortunato Futbol a sol y sombra di Eduardo Galeano. Passò la notte immerso tra le pagine e la mattina ebbe l’idea di chiamare la casa editrice e parlane con l’autore. Così Luciano Minerva ottenne la prima delle tante interviste letterarie, che rappresentò una premessa a ciò che sarebbe arrivato negli anni successivi.

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Lella Costa, memore della presenza dell’autore uruguaiano al Festivaletteratura, ricorda con affetto una sua importante citazione: «quando finalmente avevamo capito tutte le risposte, ci hanno cambiato le domande». Questa filosofia di vita, che vale nella quotidianità come nell’arte delle interviste, rende l’idea della complessità del presente, riporta l’attenzione al senso degli strumenti e degli obiettivi nel narrare le storie. Lo sguardo alle domande, la cura con cui vengono costruite diventa utile all’intervistatore tanto a chi ascolta. Inoltre, anche l’autore stesso da una buona intervista capisce cosa rimane, specchiandosi nei pensieri di un lettore, che in realtà ne rappresenta tanti. Minerva parla di «scuola dell’ascolto», di una capacità del lettore di ascoltare e trasformarlo dentro di sé. Gli autori sono molto lieti dell’essere riconosciuti, dell’essere letti ed essere attraversati dalle domande di un'intervista, perché sanno che grazie a quell’ascolto le storie vivranno ancora e ancora.


* Il titolo di questo articolo è una citazione di Luciano Minerva ripetuta numerose volte durante l’evento, sottolineando che il senso e il segreto delle sue interviste sta nel «Lasciarsi diventare dialogo».

Festivaletteratura