Christian Elia e Francesca Albanese sulla questione israelo-palestinese, in presa diretta
«Io sono in una posizione strana: è sui generis che un coautore presenti una serata sul proprio libro. In realtà, abbiamo voluto replicare lo schema che abbiamo adottato, con la dottoressa Albanese, per il libro J'accuse, introducendo un'altra voce autorevole: come abbiamo ragionato sul diritto, ragioneremo sulla storia. L'idea è quella di raccontarvi quello che accade in Palestina e in Israele, nel tentativo di tenere fede ai fatti».
Le parole del giornalista e scrittore Christian Elia introducono la presentazione del libro J'accuse (Fuoriscena, 2023), che raccoglie la testimonianza della Relatrice speciale Onu per i diritti umani sui territori palestinesi occupati da Israele dal 1967, Francesca Albanese, di cui Elia è coautore. Il progetto nasce circa un anno fa: nel settembre 2023 la casa editrice lavorava sulle bozze del volume. Dopo il 7 ottobre, la giornata tristemente nota per l'attacco di Hamas, si è deciso di non chiudere il libro e di parlare di quanto accaduto, grazie anche al coraggio dell'editore, che ha accettato di pubblicare il volume stravolto da questo importante avvenimento.
Si tratta di un libro intervista che nasce dall'idea di Elia, che si occupa di quel pezzo di mondo da circa venticinque anni. Il suo lavoro mira a riportare al centro dell'attualità il dibattito sulla questione israelo-palestinese, che sembrava caduto in una sorta di limbo. L'idea del giornalista è quella di porre domande che l'opinione pubblica vorrebbe rivolgere agli esperti e che non ha mai l'opportunità di fare. Vi è la volontà di ragionare, quindi, in termini internazionali.
Francesca Albanese, dal canto suo, definisce l'argomento "doloroso", di cui si discute ancora troppo poco. È molto vivo il desiderio di informazione, motivo per cui si è pensato di costruire un libro a mani nude contro le ingiustizie.
«J'accuse è un progetto che parte da lontano e che, originariamente, vuole essere il racconto della Palestina così come io l'ho vissuta da esperto tecnico. Mi occupo di Palestina e ho vissuto in quel posto come funzionario delle Nazioni Unite. Doveva essere un racconto attraverso delle polaroid: avrebbe dovuto raccogliere le esperienze di vissuto personale, che spiegassero quanto avevo fatto sia come accademico che come relatrice speciale. Avrebbe dovuto narrare i fatti storici attraverso la lente del diritto».
Il 7 ottobre costituisce un violento squarcio che non cambia l'idea del libro, bensì la sua traiettoria e l'orientamento. Il testo si svuota di tutto ciò che è personale, diventando un volume essenziale che funge da glossario e da bussola in un dibattito che, sin ai primi giorni, si rivela nella sua pericolosità, poiché le parole vengono utilizzate in modo improprio e si fa un uso errato delle categorie legali. Si parla, fin dall'inizio, di diritto all'autodifesa, come motivo dell'attacco di Israele contro Gaza. Una definizione assurda, se si pensa che dal 7 ottobre 2023 si contano più di 36.000 palestinesi uccisi, come afferma Albanese.
«È molto doloroso per me oggi parlare di tutto questo. Quello che accade è violento e crudele e l’obiettivo finale, a mio avviso, da parte del governo israeliano è svuotare Gaza. La distruzione dell’identità di un popolo passa per varie cose: l’eliminazione dei luoghi di culto, di aggregazione culturale, fino ad arrivare alla pulizia etnica e al genocidio».
Sulla questione palestinese, per anni, si è semplificato molto, ma è giunto il momento di avere dei punti chiave, come l'anno 1948.
«Oggi ci siamo regalati la presenza del professor Kamel, per poter fare una partita doppia con un profondo conoscitore della questione dal punto di vista storico».
A sedere alla sinistra di Elia è Lorenzo Kamel, storico e docente. Dal 2018 è professore associato di Storia globale e Storia del Medio Oriente e del Nord Africa all'Università di Torino e direttore delle collane editoriali dell'Istituto Affari Internazionali (IAI). In Israele ha conseguito un master biennale in Israel Studies alla Hebrew University e in Palestina ha trascorso un anno all'Università Birzeit.
«Quella di Gaza è una storia millenaria: guardando a periodi più vicini ai giorni nostri, circa settecento anni fa, un esploratore diceva che Gaza è uno spazio ampio, non ci sono muri intorno a essa. Una volta era una sorta di crocevia, che univa più terre. Oggi la striscia di Gaza è un'espressione legata a una tragica storia, che dura da settantasei anni. In questo piccolo fazzoletto di terra, a ottobre del 1948, il numero dei rifugiati aumenta vertiginosamente da 100.000 a 230.000 nell'arco di pochissimi giorni».
Il professor Kamel fa cenni storici ben precisi, richiamando l'attenzione sulla longevità della questione palestinese. Il 14 maggio del 1948 Ben Gurion legge la Dichiarazione d’indipendenza e proclama la nascita dello Stato di Israele, che poche ore dopo viene attaccato dalle forze della Lega araba. Il cessate il fuoco negoziato dall’ONU impone un sequestro delle armi. Le proposte per la promozione della pace non hanno alcun esito, fino a dicembre del 1948, quando le Nazioni Unite approvano la risoluzione 194 che ha lo scopo di facilitare la pace nella regione, auspicando il ritorno dei rifugiati nelle loro abitazioni. Una guerra che va avanti da decenni, su cui l'attacco del 7 ottobre ha riacceso i riflettori. Sembra sia impossibile trovare una soluzione, anche se, come spiega Kamel, negli anni sono stati fatti molti tentativi.
J’Accuse prende il titolo dalla nota lettera aperta di Émile Zola in cui si attacca l'antisemitismo dell'esercito e la condanna senza prove di Dreyfus. Anche Albanese fa un'aperta denuncia, documentata, delle violazioni di Israele contro i palestinesi. Si racconta, condannando fermamente il modus operandi israeliano, come si sia giunti all'orribile escalation di violenza. Si fa un'attenta anamnesi della storia del conflitto, dei vani tentativi di cessate il fuoco e delle violazioni degli accordi. Un volume che gode di credenziali di assoluta affidabilità.