Le parole che tengono vivi il ricordo e la speranza
11 9 2021
Le parole che tengono vivi il ricordo e la speranza

Olga Grjasnowa e Hala Kodmani con Francesca Caferri sulla guerra di Siria

La reporter damascena residente in Francia Hala Kodmani e la scrittrice tedesco-azera Olga Grjasnowa ripercorrono le vicende che hanno condotto alla recente crisi sociopolitica siriana e alle drammatiche conseguenze umanitarie che ne sono scaturite: dalla fine del colonialismo negli anni ‘40 e dall’instaurazione del regime di Bashar al-Assad negli anni 2000, passando per le primavere arabe, le manifestazioni e rivolte di piazza che nel 2010-11 hanno infiammato le vie di Tunisia, Libia, Egitto e Siria, fino alla sanguinosa guerra civile che affligge il Paese siriano da più di dieci anni.

Le due scrittrici, in dialogo con la giornalista Francesca Caferri, hanno adottato due strategie diverse per la ricostruzione dei fatti. Da un lato, il romanzo di Olga Grjasnowa Dio non è timido è nato da un lungo lavoro di approfondimento e documentazione intrapreso per conoscere il Paese d’origine di suo marito: «Ho capito che per me l’unico modo per riflettere e comprendere è mettere ordine attraverso la scrittura», per questo Grjasnowa ha intrapreso anche dei viaggi di ricerca in Siria, Libano e Grecia, che le hanno reso possibile raccontare nel suo romanzo fatti veramente accaduti o che sarebbero potuti accadere con ogni probabilità. Dall’altro, il libro di Hala Kodmani La Siria promessa è strutturato come un romanzo epistolare in cui l’autrice, nata a Damasco e dal 2011 giornalista nel suo Paese natale, ha sentito il bisogno di scrivere con il padre già venuto a mancare, con cui era solita commentare la politica e l’attualità, e di immaginare come lui avesse potuto reagire allo scoppio delle rivolte per la democrazia del 2011 se fosse venuto a sapere che «i giovani siriani stavano avendo il coraggio di lottare e chiedere quello che i siriani della diaspora - a cui apparteneva suo padre - avrebbero voluto proprio per loro».

Di quella generazione, dei «ragazzi col telefonino» che facevano girare online in modo clandestino i video che testimoniavano i fatti reali, diametralmente opposti da quelli raccontati dalla propaganda di Assad, non è rimasto più nulla: i giovani sono stati «arrestati, torturati, uccisi». Il web sta per essere «definitivamente ripulito» da qualsiasi filmato o immagine che ricordi quello spirito di ribellione e di speranza, «un’ora d’aria in una terra, che è e rimarrà a lungo una prigione». Un discorso simile vale purtroppo per l’intera popolazione in Siria: chi aveva le competenze e le possibilità per lasciare il Paese se n’è andato e così, oltre a Damasco, probabilmente è sorta una nuova capitale del popolo siriano fuori dalla Siria: Berlino, la città in cui vive Olga Grjasnowa. L'autrice sottolinea che il suo romanzo è «una storia di un esilio tedesco e, dunque, a tutti gli effetti è letteratura tedesca». Arrivata all’età di 11 anni con la famiglia in Germania da rifugiata, è profondamente convinta che si possa e si debba fare di più per aiutare i siriani. Le parole di entrambe le autrici scuotono le coscienze affinché, anche inconsapevolmente, a colpi di “nie wieder” (“mai più”), non si dimentichi e non si accetti la tragica situazione in Siria e di tutti i siriani.

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