Le scomode verità
8 9 2017
Le scomode verità

Il giornalismo d'inchiesta ai tempi delle fake news

Dai continenti dimenticati al digitale, passando per l'evoluzione del ruolo dell'inviato: come sta cambiando questa figura del giornalismo? Al Festivaletteratura di Mantova si cercherà di analizzare diversi aspetti di questo mondo, tanto affascinante quanto alle prese con una profonda crisi.


L'inviato speciale, un mestiere in via d'estinzione? A questo interrogativo, che riguarda una delle figure-simbolo del mondo del giornalismo, hanno cercato di rispondere i giornalisti Valerio Pellizzari e Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e autore del libro "Poteri forti (o quasi)", durante l'incontro dal titolo "Quando scomparve il nostro inviato". Secondo lo stesso De Bortoli l'identità stessa di un giornale è fatta «dalla qualità e dalla personalità degli inviati, degli scrittori, dei corrispondenti». Riconosciuta verità, ma spesso non sufficiente per scampare ai tagli legati alla crisi dell'editoria.

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«Erroneamente nei grandi giornali si riteneva che gli inviati speciali fossero l'argenteria, di cui ci si poteva sbarazzare per garantire i beni di prima necessità in cucina. Nell'era della rete la figura dell'inviato speciale può dunque venir meno, dato che abbiamo la possibilità di conoscere e seguire in diretta gli eventi di tutto il mondo? Assolutamente no, è indispensabile per trasmettere emozioni, far capire cosa c'è dietro la versione ufficiale degli avvenimenti». Nel corso dell'incontro sono stati evocati i reportage entrati a far parte dell'antologia della stampa, da quelli di Ryszard Kapuściński a quelli di Ettore Mo, passando per le verità scomode narrate da fuoriclasse come Seymour Hersch e Robert Fisk: tutti accomunati da grande curiosità, passione e anche da una straordinaria umiltà.

«L'inviato speciale ha rappresentato in passato un ambito traguardo per moltissimi colleghi, mentre oggi in mancanza di editori viene spesso praticato da numerosi giovani che conoscono le lingue, che hanno coraggio e che sono mossi da passione per gli avvenimenti e dal desiderio di approfondire - ha aggiunto la firma del Corsera - in sintesi, un buon giornalismo è utile se racconta verità scomode, dà voce ai più deboli e sa anche mettersi nei panni del nemico: a volte, infatti, un giornalista deve avere il coraggio di andare contro il proprio pubblico».

Se volete approfondire ulteriormente potete seguire l'intervista concessa dall'autore alla redazione di Festivaletteratura

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Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone gli eventi 19 RACCONTARE L’AFRICA NON RENDE ALLA CARRIERA - 47 LETTERE DALLA GUERRA - 76 LA GENTE MI MORIVA ATTORNO - 93 QUANDO SCOMPARVE IL “NOSTRO INVIATO” - 227 LA VERITÀ DELLE IMMAGINI

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