Leggende e altre storie
11 9 2021
Leggende e altre storie

Maggiani: la trascendenza della parola

«Stasera Tommaso Ragno è Jimi Hendrix. Io al massimo sono i New Trolls».

Maurizio Maggiani invece si conferma un narratore di storie incredibile. E lo spunto iniziale è quello della sconfitta.

Che cosa abbiamo perso? Quando si era giovani avevamo la certezza che tutto sarebbe andato meglio e che l’avremmo visto e vissuto questo meglio. «Invece so di essere stato sconfitto» dice l’autore. Nato nel 1951 in una casa comprata a rate e distrutta dalla guerra perché sulla Linea Gotica. Case di miserabili, di sopravvissuti. Ma chi ci abitava ha iniziato comunque a costruire vite, generando vite nuove facendo figli nonostante la povertà. Secondo suo padre infatti non sarebbero più tornate le cose brutte della guerra, non sarebbe più successo quello che era stato vissuto.

Faceva l’operaio, lavorava con le mani, ma teneva in casa anche una piccola biblioteca. Che Maggiani dovette leggere perché costretto. Perché per il genitore i libri erano la chiave per vivere meglio. Insieme all’ossessione per la libertà. Una libertà molto semplice, libertà dalla servitù del bisogno, dell’ignoranza e della malattia. Libertà basiche che rendono incomprensibili le richieste moderne. Per questa libertà lo scrittore fece la rivoluzione. Pretendeva un mondo nuovo. Che però non si realizzò, anzi. Ecco perché oggi vede la sconfitta, non solo politica. Una sconfitta profonda e drammatica, il genocidio delle parole, delle storie. Le storie una volta si raccontavano dopo cena in famiglia.

Leggende di eroi, dei nostri eroi. E leggende come la gallina della Fernanda: perché «un uomo senza cervello può esistere, ma una gallina no». Le parole hanno determinato l’appartenenza politica ad una comunità. Le nostre parole dove sono finite? Come possiamo pensare di vivere una vita piena, pensando che sarà meglio, se non stiamo più insieme? E stavamo insieme nelle nostre parole.

Ora che le parole ci sono state prese, sono state violentate, sono state stravolte, cosa ci rimane? Dobbiamo avere ancora la forza di raccontare, ed ecco Tommaso Ragno che legge alcune storie prese dal libro di Maggiani. Il Garibaldo, una leggenda senza più rivoluzioni, al quale rimane solo il mare e l’orizzonte. Una leggenda non è una fiaba, è quando la storia è più grande della storia, quando è troppo poco metterla in una pagina di manuale.

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La leggenda è quando le vite hanno corpo e si dispiegano nella loro grandezza. La leggenda racconta vite principesche, di principi senza terra, senza niente, ma che rimangono regali. E il nonno contadino analfabeta, che legge Omero, gli spiega l’anarchia. La consapevolezza che non deve essere la storia ad importi il destino, ma che tu puoi scegliere il racconto di te stesso. Leggendarie sono le storie di rivolte in nome del popolo, per la signorilità della vita, per il diritto di ciascuno e di tutti.

Il crollo del ponte Morandi, per un genovese, è il culmine della sconfitta, sconfitta dell’orgoglio e della speranza. Genova è signorile, è principesca e rimane senza niente. Il crollo è sconfitta. Con il crollo del ponte si sono perse moltissime storie. Nel quartiere della Coronata, quartiere di Genova da sempre operaio, da quando nel medioevo facevano le navi, è rimasto qualcosa però. Una targa, la targa di Pierino Pesce, un operaio ucciso dai fascisti. Un operaio che andava a ballare, che avrà avuto una fidanzata, che aveva una storia, una leggenda. Rimane poco, una targa, una via con un unico numero civico dove abitano immigrati (i nuovi braccianti, i nuovi poveri operai). Dovremmo vergognarci per non averlo ricordato. È come se fosse stato ucciso una seconda volta. Così come le vite di tutte le persone che si perdono nell’oblio. Nel Vangelo si legge che per i malvagi c’è solo la Geenna, l’immondizia, invece per i giusti ci sarà la vita eterna. E questa vita eterna non è che il ricordo, tramandato di generazione in generazione, in eterno. Anche Manzoni non sta simpatico a Maggiani.

Renzo e Lucia sono in balìa della storia e solo la provvidenza può metterci una pezza. Invece ognuno di noi può e deve scrivere l’ultimo capitolo della sua leggenda, il gran finale. Avanti quindi con la storia della principessa russa in attesa della partenza verso il Sud America. E della “canarina”, una ragazza addetta alla costruzione di munizioni per artiglieria che maneggia tritolo e per questo si colora di giallo. Per istinto la ragazza ogni giorno ruba pochi grani di tritolo alla guerra, cerca nel suo piccolissimo di rubare qualcosa alla guerra. Maggiani chiede di utilizzare quel tritolo rubato per un’esplosione gentile.

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Adesso che il despota, il dominatore, il tiranno, non hanno più volto, l’esplosione gentile è quella di ricostruire storie, di farle sbocciare come un garofano. Avendo poi la passione di riportarle finché si può. Le nostre storie, le nostre leggende, le nostre canzoni. L’idea di amore, la vita di chi ha vissuto che è solo amore. Un romanzo che non deve finire mai. La sconfitta infatti viene dalla resa e viviamo in un periodo di resa. Se invece continuiamo a scrivere il romanzo abbiamo ancora una possibilità di riscatto. Un eroe è chi si sveglia la mattina e ha la certezza di voler vivere il proprio destino, non quello imposto. E far diventare il proprio destino il destino dell’altro. Raggiungendo così la democrazia estrema.

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