Lo schermo come non l'avete mai visto
9 9 2017
Lo schermo come non l'avete mai visto

Etica ed estetica dell'osservare

Continua la riflessione sulle relazioni tra letteratura, produzione culturale e nuove tecnologie sviluppata negli ultimi anni anche grazie all’officina di Prototipi. Lo spazio di Santa Maria della Vittoria quest’anno sarà interamente dedicato alla logica computazionale, mostrando a giovani e adulti come ragiona un computer.


La nostra società è bombardata di immagini, da sempre e da altrettanto tempo lo schermo, nelle sue più varie accezioni, ne è l’elemento vettore. La nostra estetica e la nostra cultura del guardare sono frutto di una mutazione generazionale e in qualche caso anche genetica, di un’assimilazione di protesi, come estensioni del corpo e dell’intelletto, nei confronti dello “schermo” . La realtà dello schermo , sia da un punto di vista artistico che da quello filosofico, presenta una forte ambivalenza . Una duplicità di atteggiamenti dell’osservatore nei confronti di questa interfaccia che ha come riposta una duplice funzionalità. Questo dualismo si manifesta come attrattiva poetica per il futuro da un lato e una condanna per le implicazioni del suo utilizzo dall’altro.

Una frase spesso sentita come “l’apparenza inganna” ne è portavoce, ovvero come lo schermo sia un mezzo ingannevole che non ci consente di percepire la realtà per come è ma per come appare. Un esempio assoluto è il mito della caverna di Platone, che ci porta ad un’ulteriore considerazione molto importante e centrale per la struttura di questo tipologia di discussioni, ovvero le ombre. Uno schermo per produrre qualsiasi tipo di immagine è caratterizzato da una doppia presenza e ovviamente da una sorgente luminosa, come avviene appunto nel mito platonico. Per costituire un’immagine infatti serve qualcosa che schermi (appunto) la sorgente luminosa e ne delimiti una forma. Un’ulteriore ambiguità proviene in questo caso , nella parola stessa: nascondere e mostrare. Funzioni che coesistono e creano una forte tensione figurale. Tanto l’esperienza umana quanto la tradizione filosofica, nel corso della storia hanno manifestato i propri dubbi su queste funzionalità “schermatiche” ,rendendole oggetto di ulteriori complicazioni etiche ed estetiche. Quello che si considera maggiormente quando si analizza uno schermo è la minaccia. La possibilità che possa diventare, ammesso che non lo abbia già fatto, una prigione. Un luogo dal quale è impossibile uscire. Mauro Carbone, professore ordinario di Estetica presso l'Université Jean Moulin-Lyon e autore di Filosofia-schermi: dal cinema alla rivoluzione digitale edito da Raffaello Cortina Edizioni, dice chiaramente «gli schermi sono una prigione poichè hanno la capacità di intrappolare questa serie di immagini infinite correlate alla loro pericolosità, facendosene untori».

C’è un’ulteriore considerazione che va affrontata, ovvero la considerazione di una differente tipologia di immagini che si possono “svelare”, per citare Leonardo nel De Pictura, al nostro sguardo. Esistono infatti immagini in movimento e immagini fisse, statiche. Quest’ultime, a differenza delle prime, che si basano su prospettive (per quanto riguarda la cultura occidentale) rinascimentali di Alberti e Brunelleschi con forti richiama all’ottica di AlHazen, si differenziano dalle prime per la loro maggiore vicinanza figurale per quanto riguarda il significante di ciò che viene rappresentato. «Durante la prima guerra mondiale» dice Stefano Catucci, docente di Estetica all'Università di Roma “La Sapienza" presso la Facoltà di Architettura, che accompagna la presentazione del libro «i soldati per riportare alle famiglie quelle sensazioni di strazio e distruzione, scrivevano che erano come un film, nonostante la cinematografia non fosse così sviluppata». Questo accadeva perchè la quantità di stimoli era così elevata che solamente questa sinestesia di immagini in movimento e suoni, ovvero il cinema, era in grado di duplicare.

Il libro quindi parte con il presupposto di analizzare anche da un punto di vista storico (interessante lo spunto degli archi-schermi delle grotte di Chauvet) del rapporto che da due di migliaia di anni l’uomo ha con lo schermo. Una tematica importante è inoltre quella di una prospettiva futura per queste relazioni partendo dal mutamento che ha subito con l’arrivo del digitale. Il cambiamento radicale si è verificato quando si è passati da una realtà tramite la quale posso vedere attraverso (quadri ,affreschi e architetture) e una realtà riportata in superficie tipica dell’epoca digitale. Da un punto di vista percettivo le cose cambiano radicalmente e molte sono le conseguenze che si possono notare tra queste due tipologie di rappresentazioni.

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La realtà di oggi, in questa ottica, è essenzialmente divisa in due categorie di persone che si contraddistinguono per la modalità di approccio con questi monitor: nativi digitali e immigrati digitali (o emigrati analogici). «È come se una certa categoria di persone» dice Carbone «emigrasse in un altro stato portando con sé costumi e tradizioni e facesse dei figli. Quest’ultimi avranno delle attitudini completamente differenti da quelle dei genitori». Questo oggi è rappresentato da una lotta culturale in sordina ma molto aggressiva tra le due generazioni che si rinfacciano arretratezza e ignoranza.

Lo strumento di certo migliora le condizioni di vita, migliorando le facoltà di chi le utilizza. Al tempo stesso però si rischia di dimenticare abilità virtuose, come la lettura e la memoria.




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