Ma si può fare?
8 9 2021
Ma si può fare?

Vademecum e bestiario delle abitudini libresche di volontari e autori

«Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare...il verbo sognare...». Secondo Pennac siamo autorizzati a non finire un libro, leggerne solo alcuni paragrafi, consultare qualche pagina. Ma siamo anche autorizzati a spargere i nostri tomi nelle case di parenti, amici, fidanzati e colleghi? Possiamo inchiostrare un volume? Sono consentite le orecchie alle pagine? L’evidenziatore o la matita? Si può maltrattare un romanzo rosa? È lecito relegare un classico noioso allo scaffale più alto? È sconsiderato organizzare le copertine cromaticamente? È dignitoso apporre il proprio nome sulla prima pagina? È disdicevole lasciar depositare un sottile strato di polvere? Indecorose le macchie di caffè o i morsi del cane? Quali sentimenti animano il rapporto con questi preziosi oggetti?

***

Per me vale tutto. O meglio, vale tutto se il libro è tuo; se è della biblioteca o di un amico che ha avuto la disgraziata idea di prestartelo, rispetto religioso. Per il resto, non sono una purista, per una porzione della mia vita ho fatto l'orecchio alle pagine e non me ne vergogno. Avrei detto che non si possono saltare le pagine, ma poi mi è tornato in mente di quando ho letto I miserabili.


Personalmente sono favorevole a rendere i libri quanto più "vissuti" possibile. Ben vengano sottolineature (ma solo a matita!! Guai a chi usa la penna o l'evidenziatore!) e perchè no qualche orecchio nelle pagine che più ci appassionano. Io sono solito addirittura disseminare ogni tanto i volumi con biglietti, cartoline, segnalibri o oggetti di vario tipo che mi ricordano chi mi ha regalato il volume o un evento legato ad esso. Insomma ritengo la lettura un'esperienza veramente personale, quindi mi sembra giusto lasciare qualche segno del nostro passaggio e del nostro scorrere gli occhi fra le pagine di un volume (senza eccedere però, naturalmente), nonchè avere il piacere di organizzare la propria libreria secondo i gusti di ognuno; io ho addirittura uno scaffale del "non ancora letto", dedicato a tutti i libri accumulati compulsivamente... insomma, sbizzarrirsi è la parola d'ordine per creare la libreria personale!


Premettendo che non sono, come ho detto, un bibliofilo o un feticista, nemmeno, però, sono disposto a maneggiare libri insudiciati o imbrattati. Siamo seri! Ma soprattutto, vorrei esprimere qui, in questo spazio, il mio perentorio "NON SI FA!" rivolto a tutti coloro i quali, beneficiando di un mio transitorio, sciagurato atto di generosità e di bontà, sono ancora in possesso di libri che ho loro prestato e non me li hanno ancora restituiti. Attendo da anni, in alcuni casi. Vergogna.

Marco Archetti


Marco Archetti sarà presente agli eventi segnalati a questo link.


Io credo, come Pennac, che i libri vadano vissuti in totale libertà. E con vissuti intendo dire che vanno consumati, scrivendoci sopra a matita o penna, facendo alle pagine le terribili “orecchie”, mettendoli nella borsa da spiaggia piena zeppa di sabbia. Soprattutto quando inizio con un libro un rapporto speciale, fino a quando non l’avrò finito deve essere pronto a venire con me ovunque, infilato in ogni spazio disponibile della mia borsa; tanto è vero che preferisco di gran lunga le copertine flessibili a quelle rigide.

È strano a dirsi ma ritengo il rapporto con i libri in un certo senso simile alle relazioni con le persone. Mi spiego meglio: ogni volta che sfoglio le prime pagine di un romanzo appena acquistato o regalato, è come se facessi la sua conoscenza, e solo continuando la lettura riuscirò a capire come evolverà il rapporto, se poi lo amerò o lo odierò non lo so fino a quando non sarò arrivata alla fine.

Della serie “prendetemi per pazza, sì, pazza per i libri” (semicit.). A parte gli scherzi, credo seriamente nell’amore per i libri, che è poi amore per i mondi in cui ti hanno portato e per i personaggi che ti hanno fatto scoprire. Non sarò mica l’unica ad aver avuto delle fontane al posto degli occhi per giorni dopo aver finito La canzone di Achille di Madeline Miller, giusto?


Ogni volta che un autore ci consegna la sua opera sceglie di spossessarsene e di condividere con il pubblico qualcosa di sé e del suo mondo. Lo stesso vale per ogni artista che ci consegna una pittura, un disegno, una scultura… Chi fruisce dell’opera la fa propria e questa diventa sua in toto, non solo in merito al suo significato, ma come oggetto in sé. Ciò che ci lega a un libro e a un’opera d’arte in generale possono essere quindi sentimenti di possesso, affetto, amore - perché no! -, senso di appartenenza, persino feticismo. Insomma, il libro è nostro e possiamo farne ciò che vogliamo. E’ sacro, certo, perché è frutto dell’intelletto altrui, ma altrettanto sacro è ciò che significa per noi e come quella lettura cambia la nostra vita.


Per me il libro va vissuto, e poche cose mi intristiscono come una libreria di libri intonsi, che sembrano non essere mai stati sfogliati. Nei miei libri si trovano orecchie, sottolineature di ogni colore, macchie di caffè, tè e qualsiasi bevanda mi abbia accompagnato nella lettura; per non parlare dei miei numerosi libri "alluvionati", portati in zaini e borse assieme a bottiglie d'acqua chiuse male... Ho solo un tabù: l'evidenziatore, che mi ricorda troppo i miei giorni di scuola!


Ho con i libri lo stesso sussiegoso rispetto che aveva mia nonna nei confronti del pane. Il pane non si doveva sprecare, se cadeva in terra occorreva chiedere scusa, sul tavolo non andava mai messo capovolto e prima di infornarlo bisognava segnarsi. In modo più laico, ma mi comporto così.

Valerio Varesi


Valerio Varesi sarà presente agli eventi segnalati a questo link.

Festivaletteratura