Il nuovo giallo di Maurizio de Giovanni
Un anziano avvocato penalista in pensione viene trovato morto nel suo appartamento borghese.
È vedovo da tempo, ha un figlio con cui non parla da più di dieci anni e nessun amico o nemico. O quasi. L’unico nemico che ha, dopo averlo ucciso, ha infierito sul suo corpo distruggendo la cassa toracica della sua vittima. Per gli investigatori non resta altro da fare che cercare nel suo passato: quarantacinque anni di cause vinte, cause perse, vittime, carnefici e parenti di entrambi. Tre giorni di tempo per scavare nella storia di quest’uomo sotto una pioggia che si abbatte su Napoli e non ha intenzione di smettere. «Devono cercare nel fango e trovare il fango giusto».
Pioggia per i bastardi di Pizzofalcone è il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni. Un giallo che parte da quello che Luigi Caracciolo definisce come “l’elogio dell’imperfezione”. Cioè la costruzione di eroi che «nello specchio del bagno si vedono nudi». Guardando e raccontando le loro imperfezioni li rendono più vicini a chi li legge. «Il poliziesco è il romanzo dell’imperfezione», dice Maurizio de Giovanni, in cui emerge che «ognuno di noi ha una vita privata e una vita lavorativa che si intrecciano inevitabilmente». Ed è evidente che i bastardi di Pizzofalcone, per quanto siano violenti, raccomandati, egoisti e spregiudicati, «sono i nostri eroi. Perché trovano i cattivi». Nell’imperfezione si cela il segreto più intimo della relazione che tutti noi abbiamo con gli altri e ci sentiamo più vicini o più lontani alle imperfezioni che conosciamo nell’altro. Tant’è che gli omicidi nascono tutti da una relazione. («Eccezion fatta per quelli della criminalità organizzata», precisa Luigi Caracciolo). La relazione tra chi investiga e chi commette il reato è una relazione che è più interessante quanto più è vicina, quanto più le imperfezioni di “guardia” e “ladro” si somigliano. La questione centrale è che tutta la letteratura poliziesca induce a una domanda: “Ma tu con chi stai?”. Rispondere a questa domanda è necessario e vitale per noi, che ogni giorno abbiamo mille fronti con cui allearci. «Ma la cronaca non basta» dice Maurizio de Giovanni. «Lo scarto che c’è tra l’indagine giudiziaria - che determina le responsabilità penali - e la cronaca - che racconta la successione temporale degli eventi - è affidato ai narratori. Noi abbiamo il compito di raccontare la storia. E la storia colma quel vuoto, perché si occupa delle emozioni che hanno fatto nascere l’evento. E quelle sono universali. Il coraggio di raccontarle e di riconoscerle in se stessi è il punto d’incontro tra chi scrive e chi legge». Attenzione però: «Il giallo non è consolatorio, non sistema niente. Ricuce uno squarcio, quello tra il carnefice e la vittima. Ma non risolve le loro vite». I gialli e, più in generale, “la narrazione del male” come la definisce Luigi Caracciolo, sembrano riuscire a incidere di più nei lettori rispetto “ai racconti del bene”, ed è chiaro per Maurizio de Giovanni che la differenza sta in due sentimenti speculari: la gratitudine e la vendetta. «La gratitudine però non fa rumore. La vendetta sì. Il “thriller legale” (o Legal novel) in Italia non funziona, perché nel nostro codice penale non c’è vendetta possibile per un avvocato o un magistrato italiano».
Pioggia per i bastardi di Pizzofalcone e è stato scritto in fretta, «complici mia moglie e un terribile caffè». Tutto l’intervento è spassoso pur senza rinunciare a profonde riflessioni su temi come l’amore, l’odio, la violenza, il femminicidio, l’adrenalina e la paura.
Ora abbiamo tutto quello che serve per lasciarsi annegare da questa pioggia napoletana; ora “fastidiosa”, poi “improvvisa”. Ma anche “insistente”, “fortissima” o “battente”.
Per maggiori informazioni, consultare la quarta di copertina.