Nella mia vita precedente ero un giapponese
8 9 2019
Nella mia vita precedente ero un giapponese

Igort risponde alle domande di Marcello Ghilardi ripercorrendo i suoi anni in Giappone e la sua formazione con i più grandi maestri del manga

Da sempre Festivaletteratura ha riservato un’attenzione particolare al mondo del fumetto e offre uno sguardo privilegiato sulle linee che stanno cambiando il genere: nuove possibilità di racconto e la capacità di adattarsi ai supporti diversi, pagina o schermo. I fumetti hanno conquistato l’attenzione di un pubblico di lettori che attraversa tutte le generazioni.


Marcello Ghilardi presenta Igort, brillante fumettista sardo che ha vissuto i suoi anni di formazione in Giappone. Non un occidentale che ha guardato l'Oriente da lontano quindi, ma uno che ha vissuto sulla sua pelle l'esperienza di studiare il disegno manga nella sua terra di nascita. Festivaletteratura si apre così ai nuovi generi; non solo autori di romanzi, non solo saggistica, ma letteratura disegnata, intreccio di immagini e parole.

Tutti conoscono il Giappone per il senso del rispetto, dell'educazione, dell'estetica, ma è bene dire che questa terra conserva in sé anche un lato più oscuro: Igort li ha conosciuti entrambi, e se ne è profondamente innamorato. I suoi ricordi ritornano a quelle giornate, al suono dei geta nelle strade di Tokyo, all'incontro con i grandi maestri del disegno giapponese. La commozione che fa vibrare le sue parole è la testimonianza più fedele di come il legame con il Giappone, le regole che gli sono state insegnate e le persone che lo hanno accompagnato nella sua lunga carriera siano per lui una parte preziosa e fondamentale.

Dopo anni di disegno e studio a distanza, Igort decide di partire e gettarsi completamente in quel mondo, alla ricerca dei segreti che tanto desiderava scoprire. Lì la vita segue altre coordinate: il disegno diventa pretesto di studio e conoscenza delle parti più piccole, nascoste, ma anche quotidiane, dello stile di vita giapponese. Immerso in turni di lavoro quasi impossibili da sostenere per un occidentale, impara a raccontare quella cultura in ciò che scrive. Annota i momenti nei taccuini che porta con sé, disegna acquerelli in quei fogli sottili che resistono a malapena. Ma non importa, non vuole perdersi niente, da buon «ficcanaso», come lui stesso si definisce.

Nei suoi disegni porta anche l'altro lato del Giappone, quello che a suo dire quasi confinava con il neorealismo, cupo e morboso. Conosce uno stile diverso, che parla di storie drammatiche e che si contrappone al manga, al divertimento. Le due dimensioni si incontravano nei suoi disegni, ricreando quell'asse ideale e quell'atmosfera che aveva sempre cercato. Forse, se non si fosse completamente assoggettato al «trattamento», ai turni di lavoro giapponesi, non ci sarebbe riuscito. Tutto cominciò da una frase pronunciata da Igort nel tentativo di farsi assumere da loro: «Nella mia vita precedente ero giapponese». Gli risposero che erano onorati di lavorare con lui, se quella era la verità.

I giapponesi credono nella magia, e non perdono occasione per dimostrarlo. Da quel momento Igort imparò il bushidō, le regole del guerriero. Non c'era un contratto che lo vincolava, bastava la parola d'onore (anche se poi se lo fece fare, ma da un avvocato americano). Il rispetto è un pilastro fondamentale di questa cultura, così come lo è la devozione all'estetica. Secondo i giapponesi, la bellezza passa attraverso il sacrificio. Per questo dedicano la loro vita alla ricerca della perfezione, della linea retta, fino a riuscire a ricreare disegni meravigliosi in pochi secondi perché si sono passate ore e ore, tavole e tavole, a seguire gli stessi gesti, la stessa tecnica, le stesse mosse. Igort racconta l'emozione di vedere i suoi maestri in azione e poter sperimentare con i suoi occhi il risultato della disciplina. Sono gesti che si tramandano da millenni e che si riversano fino all'ultimo manga, in un'intensa e preziosa ripetizione dell'identico.

Il fumettista si ritrova completamente immerso in questo nuovo stile di vita, in questa nuova visione delle cose. Capisce quanto queste persone amino l'istante e cerchino di coglierlo, quanto riescano a far emergere dei capolavori creativi dalla sola riproduzione di un gesto quotidiano. Alla fine dei conti creare una bella storia vuol dire proprio questo: trovare un'esperienza comune e raccontarla come se fosse la prima volta. Questo accadeva durante quegli anni, quando Igort disegnava le sue centosessanta tavole che lo portarono a raggiungere la sua perfezione, mentre ascoltava le canzoni dei Led Zeppelin e pensava che la vita, in Giappone, fosse molto bella.


Per chi vuole approfondire il percorso, Festivaletteratura propone:

Evento 4 “Le frontiere aperte dell'Italiano” - Evento 7 “Gli orsi di Buzzati prendono vita” - Evento 8 “L'epoca d'oro delle mostre” - Evento 32 “L'imperatore era davvero nudo?” - Evento 38 “Fumetti e romanzi di Proust” - Evento 56 “Un passato che sa di futuro” - Evento 62 “Il fumetto del futuro” - Evento 70 “La storia intima del nazismo” - Evento 93 “Storie e divieti a tavola” - Pagine Nascoste ore 19:00 venerdì 6 “Manga do, Igort e la via del manga” - Evento 131 “Città mondo: il Cairo” - Evento 144 “La cucina giapponese a disegni” - Evento 196 “Una storia o due?” - Evento 202 “L'italiano dal cuore a mandorla” - Evento 210 “Città mondo: New York” - Evento 212 “Le idee nascono dalla materia” - Evento 224 “Tavole Parlanti”.
Festivaletteratura