Neoitaliani o italiani riscoperti?
9 9 2020
Neoitaliani o italiani riscoperti?

Storie della pandemia e riscoperte dei valori personali con Beppe Severgnini

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Il sole scende su Mantova e sul primo giorno di Festivaletteratura quando Beppe Severgnini si presenta davanti all’Ospedale di Carlo Poma di Mantova con una camicia giallo paglia e un libro sottobraccio. Il violoncello di Marco Remondini lo incoraggia ad affacciarsi su un pubblico diverso dal solito, ma forse proprio per questo ancora più importante: medici, infermieri, pazienti, poliziotti. Il colore blu elettrico dei volontari, degli striscioni e dei pannelli abbraccia un pubblico timoroso che si raccoglie in attesa dell’autore. Con un cinguettio su Twitter l’autore aveva già annunciato il tema dell'incontro:

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Severgnini, che ama fare liste e senza definirsi moralista, ha individuato 50 motivi per definire il "neoitaliano" di oggi: quello che vive un presente fragile, segnato dagli eventi di una primavera diversa e ridisegnato nella sua complessità.

Senza dilungarsi in saluti, l'autore legge a bruciapelo il motivo numero 7 dei 50 individuati: «Perché troviamo eroi insospettabili». Nella sua personale lista di eroi cita un nome noto alla memoria dei mantovani, ma soprattutto a quello del FestivaLetteratura: Luca Nicolini. Con malinconia ricorda un amico che, pensa, si sarebbe indispettito nel sentirlo così emotivo e prolisso. Il calore del pubblico abbraccia l’autore e Severgnini si ritrova negli occhi delle persone che, sotto le loro mascherine, stanno sorridendo.

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È il violoncello di Remondini a trasformare la malinconia in musica, aiutando Severgnini ad elencare i restanti 49 motivi. Uno dopo l'altro, incalzati dal ritmo sempre più frenetico della musica jazz, i difetti e i pregi dei "Neoitaliani" sono enunciati dal palco.

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Davanti ad un pubblico così particolare è inevitabile parlare ancora di eroicità, sottolineando la necessità di questa dote e l'importanza della sua riscoperta. Un lungo applauso segue la frase «Tra un influencer e un infermiere adesso sappiamo tra chi scegliere». Sulla scia di questa approvazione, l’autore si lancia in una critica sulla politica odierna, un territorio delicato che non tutti sembrano apprezzare.

Ancora una volta la musica trasporta in un'atmosfera diversa: le note di una canzone che ricordano il teatro cinese introducono il motivo 14: «Perché quando parliamo poco diciamo molto, e viceversa». Segue la spiegazione di come Severgnini sia riuscito a insegnare i bah!, i boh? e i mah ai suoi studenti universitari cinesi, orgoglioso come un padre davanti a una folla di persone che alla fine gesticolava proprio come i veri italiani. E a ulteriore conferma dell'essenzialità della comunicazione sono elencati i 18 monosillabi che in Italia possono racchiudere un'intera argomentazione.

Se con queste immagini non è mancata una risata, i cinque elementi dell’eccellenza della cucina italiana e la fiera dichiarazione della superiorità del tortello cremasco su quello mantovano riaccendono le lamentele più o meno scherzose da parte del pubblico. La competizione riesce ad animare anche gli spiriti più calmi, ma il sorriso tranquillizzante dello scrittore suggerisce che abbia raggiunto lo scopo: scuotere le persone e fare della “sana” polemica. È però con il motivo 35, «Perché i campi non hanno mai l’aria annoiata», che torna la pace tra Mantova e Crema, accomunate dalle campagne che hanno avuto un ruolo tanto importante nell'infanzia dell'autore. Severgnini non usa solo gli occhi per raccontare al pubblico i paesaggi di cui parla, ma stupisce con dettagli meno romantici, ad esempio le descrizioni degli odori più pungenti, come il letame. La campagna è infatti un elemento portante della sua storia familiare: ricorda i suoi antenati e vanta con orgoglio generazioni di agricoltori, collocandosi nella catena sociale fin dal 1500.

Arriva così l’ultimo intervento, accompagnato da un brano di Bach eseguito su una base musicale di fulmini. L’incontro sta per giungere al termine con il motivo 48: «Ogni tanto ci cadono le braccia, ma poi le tiriamo su». Leggendo un ultimo brano, l’autore esorta il pubblico ad autentici gesti di eroismo quotidiano, cercando di scalzare la moderazione.

Al termine dell’incontro lo scrittore si rivela uguale a qualsiasi altra persona presente in piazza: un inevitabile portatore dei segni dell'ultimo periodo e della pandemia, definita «macchina della verità» perché costringe a pensare anche chi non lo desidera. Si conclude così il primo incontro della serie Piazza Balcone, caratterizzato dall'immutato desiderio delle persone di tornare per quanto possibile a radunarsi e stare insieme.

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